Una riflessione del “maledetto toscano” partendo da un libro interessante
… agli eldyani i commenti se ne han voglia…
Ho fra le mani un libro dal titolo: “Dalla Parte Sbagliata” di Marcello Venturi, scrittore che ha lasciato questa vita terrena da poco tempo.
Versiliese di origine (di Serravezza per la precisione) ma viveva a Monferrato.
Le sue opere (la più conosciuta: Bandiera bianca a Cefalonia) conquistarono il Premio Viareggio, Stresa, Bancarellino Napoli…e lungo sarebbe l’elenco.
Ma non voglio parlare delle fatiche di questo maestro della penna, ma del titolo del Suo libro. Doveroso citare la casa editrice De Agostini 1986. All’interno del libro da cui prendo lo spunto per questa riflessione, nella narrativa, vi sono personaggi alla ricerca delle proprie origini, di risposte ed il protagonista, si è sempre trovato dalla parte sbagliata senza volerlo, anzi, non se ne rendeva neanche conto, in virtù della propria semplicità e onestà.
Credo che a molti di noi, oggi, succeda questo: in un momento politico così confuso, tutti hanno ragione, tutti parlano di riforme, di cambiamento, di cambiare rotta ma, di novità non se ne vedono.
Eppure, questi governanti, hanno capito che il popolo ha le idee chiare no? I Referendum hanno dato una risposta marcata. Ecco che sorge la domanda: <chi è dalla parte sbagliata?>
Secondo me, bisogna tener conto -dovrebbero tener di conto- che vi sono persone che hanno il diritto di sapere, non tutti siamo all’altezza di capire determinate strategie politiche.
(Ma quali strategie?)
E bisogna anche capire che la gente è stufa di aspettare. Possibile che sia sempre il Popolo -dalla parte sbagliata ?-
La risposta viene da se, i damerini della politica, i nostri parlamentari hanno una gran fortuna, sono di mente corta: non si ricordano che sono i nostri rappresentanti, altrimenti capirebbero che, sono loro –Dalla Parte Sbagliata.
Il solito Maledetto Toscano
Sulla cronaca di Bologna di Repubblica del 21 giugno si legge di un sedicenne in coma per un incidente con la sua Minicar.
Era alla guida della sua macchinetta quando per imperizia ,velocità e imprudenza ha perso il controllo e si è andato a schiantare contro altre auto.
Ora i genitori gridano…”fermate le Minicar”…”non ascoltate i vostri figli sedicenni che vogliono anticipare la guida di un quattroruote con il solo patentino per motorini”….
Ma in questo caso il danno è fatto!
Si sente parlare molto di questi veicoli , che sono sotto accusa perchè causa di molti incidenti anche mortali.
Ma che cosa sono le Minicar ?
Sono normalmente vetturette a quattro ruote e due posti con motore di 50 cc. , omologate per 45 Kmh.
Praticamente dei motorini coperti , con limiti di peso molto severi (massimo 350 kg) , ma con motori , che adeguatamente e facilmente elaborati possono raggiungere i 100 kmh.
Questi dati fanno già pensare , ma constatando che le cause di incidenti rispetto alle auto “normali” sono doppie e che si possono guidare a pertire dai 14 anni ci si rende conto che sono vere e proprie bombe.
Con queste auto non c’è bisogno di avere la patente (quella a punti tanto per intenderci) e c’è la possibilità di guidarle anche quando il permesso di guida è stato revocato per infrazioni o per inidoneità. Non è un caso che il 60% di chi li usa non è un teen ager , ma un ultra cinquantenne se non addirittura un over ottanta con patente revocata.
Forse una discussione in merito potrebbe essere utile.
GENERAZIONE Né – Né
Cosi titolava alcuni giorni fa un articolo di un noto settimanale riferendosi ai giovani.
L’occhiello diceva:
<2 milioni di ragazzi tra i 15 e i 29 anni non studiano né lavorano.
“La crisi li taglia fuori” dice il sociologo.
“E la famiglia li protegge troppo” spiega la psicologa.>
L’articolo corredato di tabelle e grafici descrive la situazione dei giovani nel nostro Paese alla disperata ricerca di un lavoro o di una occupazione.
Essi sono il 21,2% della popolazione e vivono nella quasi totalità sulle spalle dei genitori.
L’articolista si chiede:< Quali possono essere le ragioni di questo fenomeno e quali le soluzioni?>
“Essenzialmente è cambiato il mercato del lavoro” è la risposta del sociologo.
Si certo. Il lavoro è cambiato e molto: molti lavori manuali non esistono più. Lavori come il meccanico, il muratore, il tornitore, il falegname. L’impiegato stesso è cambiato con la computerizzazione.
Lavori che richiedevano anni di apprendistato possono essere facilmente sostituiti da software in grado di fare andare macchine sofisticatissime, semplicemente premendo un pulsante anche senza avere, per l’operatore, conoscenze specifiche.
“La globalizzazione e il progresso tecnologico fanno sì che si produca sempre più, con sempre meno mano d’opera”.
Inoltre c’è la tendenza a fare lavorare coloro che sono occupati (i genitori) di più, per più ore e molto più avanti nel tempo.
L’idea illusoria del “privato è bello”, del “bisogna dimenticarsi del posto fisso”, del “è necessario reinventarsi il lavoro” del “è necessario accumulare esperienze lavorative diverse”… ha permesso ai datori di lavoro, a partire dagli anni ’90, di agire indisturbati nell’assumere e licenziare, rendendo il precariato consuetudine e costringendo i giovani a vivere alle spalle di genitori o addirittura nonni.
Da parte loro i giovani hanno come modelli di vita gli specchietti per allodole di tv e politicanti che insegnano che è più importante l’apparire che l’essere.
Nel corso dell’articolo si legge anche il parere di una psicologa: “……hanno spesso alle spalle (i giovani) genitori che li hanno protetti e messi al riparo da sforzi e delusioni…”.
Anche il Ministro della gioventù, Giorgia Meloni, dice la sua: “.. è vero che c’è la crisi, ma molte famiglie sono famiglie chiocce”.
Quale può essere la soluzione?
Difficile dirlo.
I problemi esistono, sono reali, concreti. Ma è vero anche che la metà degli elettori ha scelto così.
E noi Eldyani meno giovani, che non siamo stati “né né”, che abbiamo “lavorato”, che abbiamo studiato, che abbiamo nipoti e figli giovani, come la vediamo questa situazione? Cosa ne pensiamo? Parliamone.
Le ore, ciascuna con il suo imprevedibile interrogativo, che si rivela nelle circostanze dei nostri giorni, dei nostri anni, della nostra vita:
L’Ora colorata che vorrebbe volare via, come il palloncino che si agita nell’aria, prigioniero di un filo quasi invisibile nell’esile mano di un bambino sorridente e del suo desiderio di salire con lui lassù, a toccare il sole.
L’Ora dell’ingenuità che disvela un sentimento improvviso, forse sognato, ma colto come per caso fuori da ogni attesa, e che con gioia e stupore si elegge a definitivo, quando invece è soltanto il primo amore con le sue dolci pene.
L’Ora celata tra le pieghe dell’adolescenza, quando ancora si ammira con stupore il sole che ripiega lentamente i suoi raggi tra le nubi orlate d’oro di un tramonto fiammeggiante e, nell’approssimarsi della notte, si culla il vaneggiamento di una tenera illusione sostenuta da un senso di eccitazione, di impazienza e di turbamento.
L’Ora della spensierata e fervente giovinezza, vissuta istintivamente nel segno dell’inesperienza e nell’incosciente convinzione che tutto ciò che guida i sensi è da sempre presente in natura.
L’Ora vissuta intensamente rifuggendo i freni della rinuncia, che abbatte il rimorso con una smorfia sprezzante di freddo cinismo e un’alzata di spalle al male arrecato a chi non se lo meritava, rimandando l’espiazione del peccato a un tempo che appartiene ad una rassegnazione e a un pentimento ancora sconosciuti.
L’Ora, troppo breve, in cui la nobiltà della passione è preludio all’amore vero e incontaminato dagli attacchi della gelosia, dalla tristezza delle incomprensioni e dal timore dell’inganno.
L’Ora che si vorrebbe non finisse mai e che svanisce improvvisamente strappandoci alla beatitudine per abbandonarci tra le dense coltri di desideri insoddisfatti.
L’Ora lieta, al tramonto, in cui indugiamo a contemplare il punto dell’orizzonte che segna la linea tra le tenebre e la luce e catturiamo l’infinito dentro un abbraccio, senza che lo scorrere frettoloso del tempo riesca a incutere oppressione e a sollecitare impazienza.
L’Ora influenzata da quegli affetti mai sopiti, che spinge a ricordare gli eventi intimi della propria vita di cui non si ha ragione di vergognarsi.
L’Ora in cui appassisce un’emozione ma che, come una rosa abbandonata sullo scrittoio, posata sopra una lettera mai scritta, mantiene intatto il suo tenue profumo.
L’Ora amara dell’amicizia tradita che lascia un vuoto di irrimediabile solitudine nel chiuso di una stanza buia, preda della nostalgica malinconia e dello struggente ricordo del vagabondare insieme in un prato fiorito rammentando le sommesse parole che il vento recitava sopra le acque chete del lago.
L’Ora in cui lottiamo strenuamente per divincolarci dall’inganno di un destino avverso che asseconda il carceriere del nostro tempo, attratto, in qualche modo, dalla sua brutale prepotenza che rende vani antichi giuramenti e sincere promesse.
L’Ora che avvolge nella solitudine più acuta e fredda, in cui vorremmo scrostare dai sentimenti ingannati la patina greve degli ingredienti disperati dell’odio cieco e della gelosia tormentosa e divorante.
L’Ora del vincitore e quella del vinto che drammaticamente si sovrappongono quando il glorioso tripudio del trionfatore si specchia dentro la lacrima implorante dello sconfitto.
L’Ora tormentata del dubbio in cui inganno e verità ci pesano come un’offesa generando un’insana certezza che dilania il cuore.
L’Ora vorticosa che travolge l’apatia in cui si è caduti, sollevando un’atmosfera dolciastra che tinge la vacuità del cielo alternativamente con i cupi colori del ricordo di dispiaceri e con i vivaci colori di ricordi felici.
L’Ora che non passa mai, stagnante nell’irrequietezza che incatena alla triste sensazione di un’esistenza sprecata e che trascina nello sconforto in balia di una sopravvivenza che appare completamente priva di scopo.
L’Ora in cui non si ha più nulla da attendere, quando il sole stanco si riduce a un pallido riflesso alabastrino dietro le coltri di nuvole che repentinamente si abbassano a nascondere la vista di uno scenario opaco, spento da chi non verrà più.
L’Ora che non vivremo mai e che insistiamo ad aspettare dentro una trepidazione sempre più vaga, mentre sentiamo scorrere via tutto il carico di illusioni riposte, lasciando soltanto rimpianto e l’impulso di liberare l’attesa inutile.
L’Ora malvagia che scava il profondo abisso che separa per sempre chi si è amato, e su cui, come estremo omaggio, gettiamo un ultimo ponte con un sorriso per attenuare il dramma dell’abbandono.
L’Ora buia, che spinge a rintanarsi nell’antro oscuro di una notte artificiale, perché gli occhi ormai stanchi non sopportano più di vedere né i violenti bagliori né le funeree sventure degli esseri umani.
L’Ora della resa, segnata da un orologio senza lancette, che non offre riferimenti alla durata dell’angoscia, in compagnia di poche cose sopravvissute che non servono più, di tutto quello che non si ha più e non ci manca, subendo inerti il grave senso di irrimediabilità.
L’Ora consacrata all’abitudine, priva di ogni mistero, ma che, nella sua irrinunciabile monotonia, rinnova la lucida esaltazione della prima volta.
L’Ora suprema, quella segnata dagli ultimi farinosi granelli di sabbia che, approssimandosi alla stretta apertura della clessidra, formano il piccolo gorgo turbinante che trascina giù l’ultimo pensiero a coprire il tempo di tutta una vita.
L’Ora muta dell’estremo rintocco dell’orologio della torre, immobile da sempre, dimenticato dal tempo e ignorato dagli uomini, che custodisce la pietosa memoria di tutti coloro che hanno varcato l’ultima soglia, quella che conduce nella venticinquesima ora.
Un piccolo racconto domenicale per meditare
ciao buona domenica di sole
LE RANOCCHIE NELLA PANNA
(da: “Déjame que te cuente” di Jorge Bucay – Ed. RBA)
C’erano una volta due ranocchie che caddero in un recipiente di panna. Immediatamente intuirono che sarebbero annegate: era impossibile nuotare o galleggiare a lungo in quella massa densa come sabbie mobili. All’inizio, le due rane scalciarono nella panna per arrivare al bordo del recipiente però era inutile, riuscivano solamente a sguazzare nello stesso punto e ad affondare.
Sentivano che era sempre più difficile affiorare in superficie e respirare. Una di loro disse a voce alta:
– «Non ce la faccio più. E’ impossibile uscire da qui, questa roba non è fatta per nuotarci. Dato che morirò, non vedo il motivo per il quale prolungare questa sofferenza. Non comprendo che senso ha morire sfinita per uno sforzo sterile».
E detto questo, smise di scalciare e annegò con rapidità, venendo letteralmente inghiottita da quel liquido bianco e denso.
L’altra rana, più perseverante o forse più cocciuta, disse fra sé e sé:
– «Non c’è verso! Non si può fare niente per superare questa cosa. Comunque, dato che la morte mi sopraggiunge, preferisco lottare fino al mio ultimo respiro. Non vorrei morire un secondo prima che giunga la mia ora». E continuò a scalciare e a sguazzare sempre nello stesso punto, senza avanzare di un solo centimetro. Per ore ed ore! E ad un tratto… dal tanto scalciare, agitare e scalciare… La panna si trasformò in burro. La rana sorpresa spiccò un salto e pattinando arrivò fino al bordo del recipiente. Da lì, non gli rimaneva altro che tornare a casa gracidando allegramente.
A che vi fa pensare questo raccontino?
C’è una morale?
Se vi è piaciuto ne metteremo altri….
Torniamo con SALVAGENTE DEL PC
Ed ecco due idee utili per risolvere alcuni problemi del computer
DEFRAMMENTAZIONE DELL’ HARD DISK
Una delle operazioni di manutenzione del PC da fare con regolarità, è la deframmentazione dell’hard disk. Sicuramente bisogna deframmentare dopo aver disinstallato molti software e cancellato molti file. Quest’operazione andrebbe fatta frequentemente ma spesso (dati i lunghi tempi di esecuzione) è trascurata. Ed è un male poiché tenere, i file correttamente frammentati contribuisce a velocizzare il computer e ad avere un sistema operativo che gira in maniera efficiente.
Cercherò di spiegarlo nel modo più semplice possibile.
Quando un file viene, “scritto” sull’hard disk è memorizzato nel primo spazio disponibile (settore); un file riguardo alla sua dimensione può occupare più di un settore. Dopo aver cancellato in precedenza molti file è probabile che per salvare un nuovo file non ci siano vicini tutti i settori che servono, per questo motivo le varie parti del file saranno salvate in settori dell’hard disk non attigui; così l’accesso al file sarà più lento.
Per trovarli il vostro pc farà molta più fatica, dovendo andarli a cercare qua e là, e ci metterà più tempo per la stessa ragione (è come leggere un libro cominciando dalla prima parola, poi saltando alla decima, poi alla centesima, poi ritornando alla quinta, poi alla trentesima e così via; è vero che il computer è veloce, tuttavia è ovvio che leggendo prima la prima parola, poi la seconda, poi la terza e così via, aumentate di parecchio l’efficienza). Dunque più fatica e più lentezza del pc.
I programmi di deframmentazione si occupano di sistemare tutti i frammenti dello stesso file mettendoli tutti in settori vicini, rendendo così l’accesso al file più veloce.
In Windows è già presente un programma per la deframmentazione:
Start->Programmi->Accessori->Utilità di sistema->Deframmentazione Dischi
Deframmentare è un’operazione semplicissima, che tutti sono in grado di fare. Basta lanciare il programma e dirgli di deframmentare.
Se non volete usare il programma di Windows (è un po’ lento) ci sono molti altri programmi free, uno buono e in italiano è Auslogics Disk Defrag . (http://auslogics-disk-defrag.softonic.it/.)
Deframmentazione veloce lavora solo sui file deframmentati, permette la deframmentazione di più dischi in un’unica operazione, la deframmentazione in tempo reale e l’arresto automatico del sistema a fine operazione.
Pulizia preventiva
Prima di lanciarsi in una deframmentazione, è bene eseguire qualche programma per pulire il sistema operativo dai file non più richiesti e non necessari. E’ un’operazione assolutamente indispensabile, per non tenere della spazzatura inutile sul pc. Per eseguire quest’operazione, si può utilizzare un programma come CCleaner (100% gratuito,italiano).
Ed eccovi un’idea pratica e semplice di Alfred, può essere molto utile
Un’idea che ho messo in pratica in questi giorni e che pare funzioni.
se avete qualche tasto della tastiera del quale si è consumata la scritta potete riprodurre la lettera stessa o le lettere che vi servono sul “blocco notes” di windows scegliendo le dimensioni adatte.
stampatele su carta fotografica (oggi molti stampano le loro foto), ritagliatele nelle dimensioni adatte a coprire la sommità dei tasti, incollatele poi ognuna al propio tasto con un adesivo specifico.
A me ha funzionato.
IL GIORNO PIÙ LUNGO
Solstizio “solis” (sole) e statio (fermata, stazione). Concretamente, in questo giorno il sole raggiunge la massima distanza dall’equatore e si ferma per iniziare la sua fase discendente.
Il 21 giugno il sole celebra il suo trionfo, in quello che è il giorno più lungo dell’anno, ma che allo stesso tempo, rappresenta l’inizio del suo declino. Infatti dopo aver raggiunto il picco, riprende il cammino inverso. Infatti, dopo il Solstizio d’Estate, le giornate iniziano lentamente, ma inesorabilmente ad accorciarsi, fino al solstizio d’inverno, con la giornata più corta dell’anno, sei mesi dopo,completando quella che è la fase “calante” dell’anno.
Con il 21 giugno comincia l’estate e le feste che celebrano questo passaggio sono tante soprattutto nei paesi del Nord Europa dove praticamente le giornate sono lunghissime, e più si va a Nord e più lungo è il giorno, fino a cancellare totalmente la notte.
In tutta Europa viene inoltre celebrata la “Fête de la Musique”, la Festa della Musica Europea, festa in cui artisti proveniente da tutto il mondo trasformeranno ogni piazza, strada, chiese, angoli della strada, caffè, bar in un palco improvvisato, dove poter suonare e dare spazio alla musica, in una incredibile condivisione e scambio di culture e suoni e balli. La settimana prosegue con celebrazioni e feste fino a terminare con i fuochi della notte di San Giovanni.
Se conoscete delle tradizioni particolari del vostro paese o della vostra città perché non condividerle con gli altri Eldyani?
Ecco ancora un piccolo racconto legato al tema del diventare anziani che Guglielmo ha trovato in un suo vecchio libro. Desidera condividerlo con gli eldyani.
Sul tavolino da notte di una vecchia signora ricoverata in un ospizio per anziani, il giorno dopo la sua morte, fu ritrovata questa lettera. Era indirizzata alla giovane infermiera del reparto.
<<Cosa vedi, tu che mi curi? Chi vedi, quando mi guardi? Cosa pensi, quando mi lasci? E cosa dici quando parli di me?
Il più delle volte vedi una vecchia scorbutica, un po’ pazza, lo sguardo smarrito, che non è più completamente lucida, che sbava quando mangia e non risponde quanto dovrebbe.
E non smette di perdere le scarpe e le calze, che docile o no, ti lascia fare fare come vuoi, il bagno e i pasti per occupare la lunga giornata grigia.
E questo che vedi?
Allora apri gli occhi. Non sono io.
Ti dirò chi sono.
Sono l’ultima di dieci figli con un padre e una madre. Fratelli e sorelle che si amavano.
Una giovane di 16 anni, con le ali ai piedi, sognante che presto avrebbe incontrato un fidanzato.
Sposata già a vent’anni.
Il mio cuore salta di gioia al ricordo dei propositi fatti in quel giorno.
Ho 25 anni ora e un figlio mio, che ha bisogno di me per costruirsi una casa.
Una donna di 30 anni, mio figlio cresce in fretta, siamo legati l’uno all’altra da vincoli che dureranno.
Quarat’anni, presto lui se ne andrà: ma il mio uomo veglia al mio fianco.
Cinquant’anni, intorno a me giocano daccapo dei bimbi.
Rieccomi con dei bambini, io e il mio diletto.
Poi ecco giorni bui, mio marito muore. Guardo al fututro fremendo di paura, giacchè i miei figli sono completamente occupati ad allevare i loro.
E penso agli anni e all’amore che ho conosciuto.
Ora sono vecchia. La natura crudele, si diverte a far passare la vecchiaia per pazzia. Il mio corpo mi lascia, il fascino e la forza mi abbandonano. E con l’età avanzata laddove un tempo ebbi un cuore vi è ora una pietra.
Ma questa vecchia carcassa rimane la ragazza il cui vecchio cuore si gonfia senza posa. Mi ricordo le gioie, mi ricordo i dolori, e sento daccapo la mia vita e amo.
Ripenso agli anni troppo brevi e troppo presto passati. E accetto l’implacabile realtà (che niente può durare).
Allora apri gli occhi, tu che mi curi, e guarda non la vecchia scurbutica…Guarda meglio e mi vedrai.
Quanti volti, quanti occhi, quanti mani incrociamo, ogni giorno. Che cosa guardiamo? Le rughe, le ostilità, i dubbi, le durezze. Se imparassimo invece a guardare i sogni, i palpiti, gli amori spesso cosi accuratamente nascosti?
Quanto vi fa paura invecchiare.
Sento tanta preoccupazione per l’invecchiamento, io sinceramente non più di tanto, anzi per niente.
Forse perchè abituato a gestire i problemi pratici, trovando questo un problema non risolvibile, neanche mi pongo il problema.
In fondo arriva per tutti (scusate tanti neanche ci arrivano) che accettare la vecchiaia con serenità è la cosa migliore da fare.
Fino a qualche anno fa non ci pensavo troppo, ma ora sento che il tempo passa ad una velocità impressionante, mi scivola fra le mani e non riesco a trattenerlo…
Non mi preoccupa più di tanto l’invecchiamento del fisico, quello è un problema che si pongono le persone belle esteriormente e visto che non lo sono mai stato non è un grosso problema;
non mi preoccupa neanche l’invecchiamento mentale, perchè tengo allenato anche il mio cervello, leggendo molto e cercando di essere sempre aggiornata su tutto;
quello che mi preoccupa è non riuscire a godermi una bella giornata come vorrei, mi piacerebbe passare tutti i secondi della giornata ad assaporare un raggio di sole o stare sdraiato in un campo e annusare i fiori….la mia giornata trascorre fra altre cose e il tempo per assaporare una giornata di sole…svanisce nella quotidianità
Guglielmo ci ha offerto queste sue riflessioni sull’invecchiare.
Visto che lo dobbiamo fare tutti come reagiamo? Abbiamo paura? e quanto ci fa paura? se vi va parliamone.
In Parliamone avevo già avuto modo di presentare questo bel film francese, del regista Romain Goupril con l’attrice Valeria Bruni Tedeschi.
Ve lo ripropongo, perché adesso è arrivato in Italia, con il titolo: “Tutti per uno“.
Da giugno 2011 è nelle sale italiane.
Mi piace molto andare al cinema, mi piacciono i film che sviluppano un tema attuale o sociale e mi piace il cinema francese.
“Tutti per uno” di Romain Goupril, presentato l’anno scorso a Cannes, affronta, come se fosse una fiaba però, il soggetto scottante delle espulsioni dalla Francia dei clandestini (i “sans papiers”).
Milana ha 12 anni, è senza permesso di soggiorno, rischia l’allontanamento. I suoi compagni di classe l’aiutano.
Questo il succo stringatissimo di una pellicola tenera e bizzarra e che strizza l’occhio a chi si impegna davvero per aiutare gli altri, senza tanti strombazzamenti.
È una favola “impegnata” quella che ci presenta il regista e vuole trattare un tema tanto scottante in modo originale, ma efficace: gli eroi sono i bambini e una mamma che, senza domandarsi troppi perché, ascolta la voce del cuore ed accoglie in casa la piccola Milana, che rischia di essere rimandata in Cecenia, perché clandestina.
La storia è raccontata da Milana, divenuta una vecchia signora di sessant’anni, che ricorda con tanta emozione l’estate del 2009, quando era in quinta elementare e con i suoi compagnetti ne faceva di cotte e di crude. Youssef, Blaise, Claudio, Alice et Ali sono inseparabili e legati da una solidarietà senza preoccupazioni. Furbi e maliziosi come lo si può essere a 11 anni e soprattutto solidali. Ma un giorno…Youssuf è espulso con tutta la sua famiglia. È una scena terribile, che viene vista, attraverso una finestra, da Milana che rischia la stessa sorte.
La banda si chiude a cerchio intorno a lei, per proteggerla e sarà: “nostra sorella”.
È la forza del NOI che prevale e i bambini formano una sorta di “comando” di giustizieri, fuori legge.
E poi c’è Cendrine, la mamma di Alice e Blaise, che sceglie di accogliere Milena in casa, come una terza figlia, per salvarla da una molto probabile espulsione. È una decisione che prende senza riflettere troppo, ma solo impegnandosi con semplicità. “L’accogliamo, e basta” risponde al marito che si fa un sacco di domande. Bisogna spiegare un’evidenza?
Nella vita certamente questo “intestardirsi” si scontra con: burocrazia, documenti, difficoltà enormi. I bambini, sentendo arrivare il pericolo, decidono di fuggire tutti insieme e di nascondere così Milana.
La fuga non potrà durare molto, ma sortirà l’effetto di interessare le autorità, la loro amica non sarà rimpatriata. Ed in una bellissima scena del film i ragazzini escono tutti insieme dal loro nascondiglio alzando le braccia al cielo, le mani in alto, in una sorta di resa, come per dire : “Non fateci più del male!” (da qui iltitolo originale del film: “Les mains en l’air”)
Ma questo è un racconto e mi è piaciuto anche per questo.
Ecco; è solo una riflessione su un problema gigantesco, è una storia per meditare dove siamo e dove andiamo. Questo film tenero non vuole fare la lezione a nessuno, i bambini e Cendrine ci ricordano solo, attraverso i loro sguardi puliti e ingenui di fronte all’ingiustizia, che l’impegno paga sempre e vale la pena di provare.
Mi auguro che possiate vederlo questo bel film presentato a Cannes nel 2010, questa favola cha dà la possibilità di pensare un po’.
Potrebbe essere un buon argomento di dibattito e di confronto tra Eldyani; che ne pensate voi del comportamento di Cendrine? Ha ragione di agire così? Oppure pensate che sia giusto rimpatriare tutti i clandestini?
Superato il quorum, l’affluenza oltre il 57%.
Allora il popolo italiano esiste?!
Finalmente si ritrova la voglia di andare avanti.
Uno spiraglio di luce, di unione, di sentirsi parte di qualcosa di grande.
Era dal 1995 che non si raggiungeva più il quorum a un referendum.
L’11 giugno di quell’anno furono ben dodici i quesiti su cui i cittadini furono chiamati a esprimersi e riguardavano gli argomenti più disparati: dalla legge elettorale nei comuni, alla raccolta della pubblicità radiotelevisiva, fino al soggiorno cautelare per gli imputati per reati di mafia.
Da allora, vi sono state sei consultazioni referendarie (per un totale di ventidue quesiti), che purtroppo sono state invalidate dalla bassa affluenza e dal distacco dei cittadini dalla politica.
Oggi, la percentuale dei votanti è stata del 57%, valori lontani da quell’87,7% di affluenza che registrò nel ’74 il referendum sul divorzio, ma comunque sufficienti a convalidare la consultazione, e forse primo passo della rinascita della passione civile per la politica.
Il web continua a essere il luogo-simbolo della campagna referendaria, come lo è stato per le elezioni amministrative del 29 e 30 maggio, con una grande partecipazione di giovani.
I giovani, questo loro ritorno è un dato che ritengo molto importante.
Gli osservatori più avveduti si soffermano sulla trasformazione dei comportamenti degli italiani, registrata oggi dalla partecipazione al referendum.
Una volta c’erano la Passione e la Responsabilità dei Cittadini verso la Politica e questa è anche la vittoria della passione civile, dell’unità tra diversi.
“Dopo Berlusconi” mi diceva un amico “credo verrà una stagione di grande partecipazione ed entusiasmo, come fu dopo il fascismo”.
Tutto lo lascia sperare, per ora.
Permettetemi una sola considerazione politica, su questi risultati:
sopravviverà la coalizione governativa a quella che il ministro Calderoli, esponente della Lega Nord, ha definito ”la seconda sberla”, dopo di quella delle recenti elezioni amministrative?
Se si è raggiunto il quorum, si deve anche a lei!
Grazie di quorum a Jocelyn Batini di San Giovanni alla Vena (Pisa), che nonostante i 99 anni – ne farà 100 il 28 luglio – è andata a votare.
La fontana è sparita,
era lì, da sempre.
era lì, nessuno la vedeva più ma era lì.
era di tutti la fontana,
tutti potevano dissetarsi alla fontana, tutti!
non aveva padroni la fontana,
era di tutti e non era di nessuno.
ricchi, poveri, passanti,
tutti si dissetavano alla fontana.
era acqua che scendeva dal cielo
quella che usciva dalla fontana,
era l’acqua del mare e che saliva al cielo
quella che usciva dalla fontana.
Da sempre la fontana era lì.
chi l’ha tolta?
perchè l’hanno tolta?
perchè qualcuno ha tolto la nostra fontana?
Hanno messo una fontana nuova, bella,
luccicante.
l’acqua non sgorga come nella nostra fontana,
non sgorga l’acqua liberamente come sempre ha fatto, da sempre!
c’è un signore a fianco alla fontana:
da adesso l’acqua è mia mi dice……..
Il REFERENDUM
non è un voto politico,
è un nostro diritto sovrano ed il modo di fare sentire la “nostra voce”;
è un mezzo di partecipare alla vita del paese e di esprimere il proprio parere su questioni importanti, che interessano tutti, i nostri figli e i nostri nipoti.
Mi sembra molto importante parlarne, chiarire ed informare. (Eldyna-Annamaria, Franco Muzzioli e Giulian.rm con i loro articoli apparsi precedentemente in questo blog, ci hanno spiegato molti punti oscuri)