Proposto da Giulian.rm questo…
RACCONTINO DA… MEDITARE…
«Un giorno un uomo, dopo essersi abbuffato in un abbondante banchetto, cadde in un sonno profondo.
Passò un caro amico, restò un po’ di tempo presso di lui e, quando dovette andarsene – temendo che l’amico potesse trovarsi nel bisogno – gli mise un gioiello nel bavero dell’abito.
Quando l’uomo si risvegliò, ignaro del gesto dell’amico, condusse la sua solita vita errabonda, vivendo nella fame e nella miseria. Passarono gli anni e i due amici si incontrarono di nuovo.
L’amico gli disse del gioiello e l’uomo, rovistando nel suo abito, subito lo trovò.
Incredulo, si rattristò amaramente riflettendo sul fatto che per tutti quegli anni avesse condotto una vita miserabile avendo con sé un gioiello di tale valore.
Allo stesso modo, gli uomini vagano tra le sofferenze di questo mondo, ignari che tra le pieghe più profonde del proprio essere è nascosto il gioiello del pieno risveglio.»
Son fermo al passaggio a livello. Il motore è spento e aspetto che passi il treno.
Eccolo arriva sferragliando. Mi stupisco a vedere dietro la vecchia Tartaruga, la carrozza di un pendolino, e poi un carro merci, una carrozza di prima, una di seconda, e poi una di quelle con i sedili di legno e le porte che si aprivano stando appesi alla prendellina, ma che riuscivi ad aprire e anche se eri in ritardo saltavi su col fiato grosso e la gola secca.
Insegne diverse, Ferrovie dello Stato – Société nationale des chemins de fer français –Deutsche Bundesbahn – Österreichische Bundesbahnen – Polskie Koleje Państwowe….mi fermo ché mi vanno appresso gli occhi, mi limito a contare venticinque vagoni e due locomotive, una in testa e una in coda.
Strabuzzo gli occhi, sono sceso dalla macchina e come me altri autisti a guardare questo treno lungo lungo, che passa e sembra non finire mai.
Che è, han fatto l’Euroferrovia? Sarà impazzito qualcuno al deposito carrozze o avrà fatto tutto da solo il macchinista? Certo che questo treno variopinto mi sembra l’Europa, carrozze da alta velocità insieme a carri merci. Eppure riesce a stare insieme, forse non se ne rende conto neanche il macchinista, eppure è un treno, l’Art.2 Comma 13 del Regolamento per la Circolazione dei Treni specifica «Agli effetti della circolazione sulle linee, costituisce treno qualsiasi mezzo di trazione con o senza veicoli che debba viaggiare da una ad altra località di servizio, o che parta da una località di servizio per disimpegnare un servizio lungo linea e faccia ritorno nella località stessa. » Si è proprio un treno, corrisponde alla definizione dell’RCT, ognuno paga il biglietto in €, ciascuno occupa il posto che ha prenotato o che ha trovato disponibile e se le locomotive non tirano o spingono eccessivamente, magari si riesce anche a fare un bel viaggio gustandosi lentamente il bel panorama.
Popof 12 dicembre 2010.
Prendo lo spunto dai sette ciclisti uccisi a Lamezia Terme e dall’articolo di Paolo Rumiz nel giornale “La Repubblica ” del 7/12. Il Giornalista, da buon ciclista dice : “…gli automobilisti non ti guardano, non ti vedono, ti considerano un bersaglio per il parabrezza”…..e aggiunge….” che questo è uno scontro culturale prima che urbanistico, le due ruote sono viste come un intralcio al traffico e non come la base per il decongestionamento…” Sono d’accordo con questa ultima riflessione e sono anche addolorato per le centinaia di ciclisti uccisi nelle strade, ma questa visione un po’ manichea, non considera che in Italia un ciclista è quasi sempre anche un automobilista….pertanto!?!?! Una cosa è certa non abbiamo il civismo e la cultura urbanistica degli olandesi, dei belgi e dei tedeschi, quando saliamo in macchina tendiamo ad essere “padroni della strada”, ma anche quando saliamo in bici facciamo altrettanto. Giriamo bardati da finti corridori del Giro d’Italia con caschi, magliette e bici al titanio a grappoli di venti o trenta per stradelle dove passano a stento due auto. Sfrecciamo per le strette strade medioevali delle nostre città oltrepassando le auto a destra o a sinistra, fregandocene degli stop o dei semafori. L’Italia non è un paese per ciclisti perché mancano le piste ciclabili, perché c’è troppo traffico su quattro ruote, ma soprattutto perché siamo maleducati, non rispettiamo le regole e ce ne freghiamo degli altri in macchina o in bici.
Franco Muzzioli
Comprimere e decomprimere i file
Utilizzando la rete avrete sicuramente avuto modo di scoprire i file compressi, c’è ne sono di molti tipi: .rar, etc.(Quelli che finiscono con .EXE si decomprimo automaticamente quando vengono aperti facendoci sopra un doppio click) Comprimere un file significa ridurne le dimensioni allo scopo di occupare meno spazio sul disco rigido, ma anche per poterlo ad esempio spedire più velocemente per posta elettronica; un file compresso deve essere poi “decompresso” perché si possa aprire. (Chi invia i file li comprime, chi li riceve li decomprime il programma che si usa, è lo stesso.)
Le operazioni di compressione e decompressione, che possono riguardare non solo singoli file ma anche intere cartelle, si fanno con programmi specifici, detti “compattatori”, i più noti sono Winzip (che comprime i file in formato .zip), Winrar (comprime in formato .rar).
Questi due software non sono freeware, due loro “colleghi”, IZArc e 7-zip*, invece sono del tutto gratuiti e non hanno niente da invidiare agli altri, basti pensare che riescono a decomprimere una quarantina di formati.
Uno dei problemi che, presto o tardi, ci si pone è come poter scambiare con una qualsiasi controparte dei file pesanti.
A inviare una o più immagini non riscontriamo grosse difficoltà. Apriamo la nostra casella di posta e carichiamo degli allegati. ma quando sono molte le fotografie? (il limite di Outlook è di 10MB )
Oltre al nostro tempo per caricarle chi le riceverà impiegherà un’infinità di tempo prima che la mail sia pronta alla lettura e, in più, gli avremo intasato la casella di posta.
Il programma di decompressione sarà utile anche per aprire software scaricati dal Web (finale .rar o .zip. )
Ora brevemente vi farò un esempio per invio multiplo di fotografie(compressione)
Aprite una nuova cartella: File-Nuovo-Cartella, copia (no sposta) in questa cartella tutte le foto da inviare, nominate se volete la cartella, (click con il destro Rinomina) poi secondo quale dei programmi avete installato, potrete avere:
Add to archive… nel caso di 7-zip
Aggiungi all’archivio “nomefile.rar” nel caso di WinRar.
Add to “nomefile.zip” nei casi di winZip
Click con il destro e avrete creato l’archivio compresso pronto da allegare alla posta.
Per decomprimere sempre click destro estrai qui/extract here.
N.B. La cartella che avete compresso rimane al suo posto il compattatore ha solo copiato i file o le immagini.
Vi ricordo che è essenziale avere un programma che “scompatti” i file compressi, semplicemente perché, sopratutto nel web, risparmiare memoria è legge.
Da parte mia questo è l’ultimo articolo per il 2010 e colgo l’occasione per augurarvi, anche se con molto anticipo, una pioggia d’auguri per un buon Natale e anno fortunato.
* 7-Zip Licenza: Gratis Lingua: Italiano OS: Win98/98SE/Me/2000/NT/XP/Vista/7
Perché ho presentato questo video, tratto da “la meglio gioventù” film del 2003, diretto da Marco Tullio Giordana?
Per aprire un dibattito, per parlarne insieme, e considerare un argomento molto attuale di cui tanto di discute proprio in questi giorni.
La scena che vediamo si svolge nel 1966. Quindi pre “sessantotto”.
Eppure è emblematico il dialogo, tra lo studente e il professore, sembra davvero attualissimo.
Mi piacerebbe molto parlarne e sentire il parere degli eldyani.
Potremmo ampliare, cercando di capire in che cosa consiste il disegno di legge Gelmini e perché gli studenti, i ricercatori ed i professori stessi, l’osteggino tanto.
MARIO MONICELLI
Viareggio 1915 – Roma 2010
Regista e sceneggiatore italiano
Se n’è andato come ha sempre vissuto: da uomo libero, laico, ma soprattutto se n’è andato di sua volontà. Ancora quest’estate istigava alla ribellione gli studenti per i tagli alla cultura e alla ricerca. Lui, di 95 anni, il più giovane di tutti.
Ricordarlo con i suoi aforismi, le sue interviste e alcune battute famosissime dei suoi film, così tanto ci ha lasciato…
La vera felicità è la pace con sé stessi e, per averla, non bisogna tradire la propria natura.
Tutta la comicità da sempre, dalla nostra tradizione millenaria è sempre rivolta a questo, a ridere della morte, a ridere della malattia, della vecchiaia, della miseria soprattutto della fame. Senza questi elementi, fame, morte, malattia e miseria noi non potremmo far ridere in Italia. (Intervista di Alberto Pallotta, 2002)
L’Italia si presenta bene ad essere messa in commedia, anzi, sempre meglio!(Intervista di Grazia Casagrande, 2006)
Gli italiani sono fatti così: vogliono che qualcuno pensi per loro, se va bene va bene, se va male poi l’impiccano a testa sotto.(Intervista a Raiperunanotte, 2010)
Quello che in Italia non c’è mai stato, una bella botta, una bella rivoluzione, rivoluzione che non c’è mai stata in Italia; c’è stata in Inghilterra, c’è stata in Francia, c’è stata in Russia, c’è stata in Germania, dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualcosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto, trecento anni che è schiavo di tutti.(Intervista a Raiperunanotte, 2010)
Una brevissima scelta di frasi dai suoi film
«Oh, gioveni! Quando vi dico sequitemi miei pugnaci, dovete sequire et pugnare! Poche conte! Se no qui stemo a prenderci per le natiche» (dal film L’armata Brancaleone).
«Taciturno inverochè laconico, ma quando che parla ogni parola è una sentenza». (Peppe il pantera (Vittorio Gassman) ne I Soliti Ignoti)
«Un po’ di rispetto, è un cadavere morto!» (da Totò e Carolina)
«E io rimasi lì a chiedermi se l’imbecille ero io… che la vita la prendevo tutta come un gioco, o se era lui… che la prendeva come una condanna ai lavori forzati, o se lo eravamo tutti e due» (da Amici miei atto II)
«La giustizia non è di questo mondo» (da Il marchese del Grillo)
«Brigadiere, come vede, si lavicchia!» (Totò da I Soliti Ignoti)
«Sono sempre i più meglio che se ne vanno. Eh, è la vita: oggi a te, domani a lui» (da I Soliti Ignoti)
A MARIO MONICELLI…
“Sei volato, per anni, sulle nostre vite,
…facendoci vedere ciò che siamo
e non vorremmo essere, facendoci ridere di ciò
che di noi fa ridere…
Crudele…
Feroce, a volte…
Ma tenero, e forte al contempo,
come la vita, che hai voluto sfidare
per l’ultima volta…
E non mi sarei mica tanto sorpreso
se tu fossi rimbalzato,
Maestro
(Tonino Chirumbolo)
Nel Nord Europa, dove in questa epoca dell’anno il sole è un bene prezioso che si fa desiderare, molte abitudini e tradizioni sono legate alla “luce” ed anche il periodo che precede il Natale, è puntualizzato da eventi che ritmano l’attesa ed evocano, con chiara simbologia, la “luce”: sia luce di credo, sia luce reale.
A sottolineare questo, alle finestre delle case, vengono messe delle candele accese, per rendere la notte meno scura…
E si sente augurare “buona prima o buona seconda …di Avvento” ogni domenica, per cui mi sono domandata in che cosa consistesse ed ho scoperto abitudini a me sconosciute, come le quattro riunioni familiari nelle quattro domeniche dell’Avvento e l’accensione delle candele poste sulla corona di rami di abete, una candela ogni domenica, ed i mercatini di Natale e i calendari dell’Avvento e i dolcini caratteristici e…il vino speziato e il senso della famiglia. Ma, a parte tutta l’esteriorità delle tradizioni, che cosa è l’Avvento? Che cosa rappresenta?
È una ricorrenza cristianissima che Pino ci spiega, con la sua solita chiarezza e passione, informandoci e facendoci condividere.
(Per chi ne volesse sapere di più consiglio di consultare su google la voce “leggenda della corona dell’Avvento”)
L’AVVENTO
L’avvento, è il periodo di quattro settimane che precede il Natale; decorre dalla domenica più vicina al trenta novembre e fa parte delle festività del ciclo natalizio ed è un periodo di preparazione al Natale. Tale festa di preparazione, come altre feste cristiane, subentra ad una preesistente festa pagana. Ha le sue origini storiche nell’Adventus, detto parusìa, che significava la presenza annuale della divinità, oppure anche l’anniversario della visita dell’imperatore, e di qui trae origine il tema del “Cristo che viene“.
Le prime celebrazioni dell’Avvento si ebbero in Francia e in Spagna verso la fine del IV secolo. A Roma compaiono nei libri liturgici solo verso il VI secolo.
Nel corso dell’anno liturgico, l’Avvento è il tempo che non solo ci prepara a celebrare il ricordo della nascita di Gesù Cristo, ma anche il tempo che ci proietta verso la seconda venuta del Figlio di Dio, quando alla fine dei tempi “verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti”, introducendoci nel Suo regno che non avrà più fine.
Nel periodo dell’Avvento, come lo è stato nel periodo quaresimale che precede la Pasqua di risurrezione, ogni cristiano – che sempre tiene vivo, durante tutto l’anno, il rapporto con Gesù nei tempi e nei modi suggeritigli dallo Spirito – partecipa con i fratelli di fede alle adunanze ecclesiali che esaltano attraverso apposite letture:
- la vigilanza, virtù specifica di chi vive in fervorosa attesa del Messia Salvatore; infatti come dice il Cardinal John Henry Newman(1801-1890) “… vegliare è quindi vivere liberi nei confronti delle cose presenti, è vivere nell’invisibile, è vivere nel pensiero di Cristo tale quale è venuto una prima volta e tale quale deve venire, è desiderare la sua seconda venuta, nella memoria piena di amore e di riconoscenza per la sua prima venuta.”
- la Fede, dono dello Spirito, esprime la capacità dell’uomo che ha accolto il dono, di riconoscere Gesù vero uomo e vero Dio figlio del Padre, di affidare a Lui, unico mediatore tra noi e Dio, la nostra pochezza di vita in modo che Lui ci possa indicare la strada per ampliare la nostra capacità di accogliere le ricchezze che il Padre dona e che per nostra limitatezza non vediamo, non comprendiamo e non accogliamo.
- la Speranza, di chi confida nell’amore misericordioso di Dio con il desiderio che l’incontro con la persona di Gesù, che già ci ha fatto nascere a nuova vita, possa completarsi al più presto, al momento della sua seconda venuta, con la risurrezione dei corpi e con la piena instaurazione del regno dell’ “Amore” dove non ci sarà più bisogno, come dice S. Paolo, delle virtù della “Fede” e della “Speranza” perché entrambe già realizzatesi appieno.
- la conversione dei cuori, che si esprime con l’impegno sollecito ed urgente di chi si prepara all’incontro con Cristo sia a quello figurativo (S.Natale), che ogni anno festeggiamo in ricordo di quello già avvenuto in concreto con il parto di Maria, sia a quello che avviene nella vita di ognuno di noi, con l’incontro personale, in attesa che si realizzi quello definitivo con la seconda venuta di Gesù alla fine dei tempi dopo la risurrezione dei corpi.
L’Avvento è dunque il tempo propizio per far spazio a Cristo, l’unico medico che solo può guarire le nostre debolezze e consolarci con la sua presenza, pertanto con la preghiera e lo stretto rapporto con Gesù gusteremo, anche in questo periodo, la gioia del Suo arrivo e tutti potremmo affermare: “Vieni, Signore Gesù” (Ap.22,16-20), espressione di un’attesa che si concretizza in una Persona che ci apre, solo se noi lo vogliamo, la strada verso “l’Eternità” alla scoperta dell’infinito “Amore del Dio Padre”.
Pino.sa
http://www.youtube.com/watch?v=A1MAVr7U8qk
Frauenkirche Dresden, Concerto per l’Avvento
Mozart: Missa in c-Moll “Credo in unum Deum”
Oggi, 25 novembre, è la festa del Ringraziamento negli Stati Uniti, e ne parlo per spiegare brevemente di che si tratta, visto che è menzionata nei telegiornali;ma oggi è anche la giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Un pensiero concreto per tutte le donne, vittime in ogni punto del nostro pianeta ed un’azione, firmando il “petalo di rosa“.
!
Giovedì 25 novembre si celebra, in tutti gli Stati Uniti, il giorno del Ringraziamento (Thanksgiving Day in inglese), l’evento assolutamente più tradizionale e sentito del paese.
Quante volte lo abbiamo visto al cinema o ne abbiamo sentito parlare, famiglie che affrontano lunghi viaggi per trascorrere questa giornata insieme… ma che cosa è esattamente Thanksgiving?
È una ricorrenza, che si festeggia sempre il quarto giovedì di novembre, in memoria del primo raccolto fatto dai coloni di Plymouth, e solennizzato, allora, insieme agli indiani Wampanoag nel lontano 1621.
L’ undici novembre 1620 la nave Mayflower, salpata da Plymouth in Inghilterra, approdò nella baia di Cape Cod con a bordo un centinaio di emigranti appartenenti alla setta dei puritani (i “Padri Pellegrini”) che avevano lasciato la madrepatria a causa delle persecuzioni subite.
L’anno seguente, nel novembre del 1621, dopo un inverno durissimo: il raccolto. Questo fu motivo di “rendere grazie” e fu fatto riunendo tutte le famiglie dei coloni di Plymouth, utilizzando i prodotti del primo raccolto e invitando, a questa festa di Ringraziamento i vicini, gli indiani Wampanoag, che avevano aiutato i “Padri Pellegrini” a superare quel primo durissimo inverno.
Questa la tradizione e la leggenda rivissuta ogni anno.
La consuetudine vuole che nel “giorno del Ringraziamento” si mangino cibi tradizionali come nel lontano 1621.
Il Giorno del Ringraziamento è un momento di tradizione e condivisione in cui i membri di una famiglia, anche se vivono molto distanti gli uni dagli altri, si riuniscono in casa di qualche parente, spesso il più anziano, per ringraziare tutti insieme, per ciò che possiedono. Fa parte anche del “cerimoniale” invitare alla festa familiare amici o conoscenti stranieri.
Nella maggior parte delle case si mangia lo stesso cibo che, secondo la leggenda, mangiarono i primi coloni, e che è diventato il pasto tradizionale. Non possono mancare il tacchino, il mais e la zucca, oltre alla salsa di mirtilli, tutti prodotti del primo raccolto.
Si organizzano anche rappresentazioni, dedicate ai bambini e, spesso, interpretate dai bambini stessi, in cui si rievoca quella che, secondo tradizione e leggenda, fu la prima Festa del Ringraziamento.
Il giorno dopo Thanksgiving, si è soliti fare gli acquisti di Natale e cominciare i preparativi per le feste di fine anno.
APPLICAZIONI SU FACEBOOK di Giuliano
In questo Post vediamo due applicazioni per la Social Utility (nel 2010 è il secondo sito più visitato del mondo dopo Google.)
Il primo è uno script che permette di cambiare colore a Facebook (sfondo, tabelle e testo) in maniera random (casuale) e sempre diversa.
Ecco allora come procedere per attivare questo script su Mozilla Firefox e Google Chrome.
Lo script che permette di fare questo si chiama Auto-Colorizer for Facebook, (Link per scaricarlo http://userscripts.org/scripts/show/3626) è gratuito e il suo funzionamento è del tutto automatico quindi non c’è bisogno di impostare nulla.
Auto-Colorizer permette di visualizzare le pagine di Facebook in maniera diversa dal solito e quindi non più col classico sfondo bianco e barra blu ma i colori saranno sempre diversi, la nostra pagina personale, le pagine degli amici, delle foto, avranno tutti un colore diverso che saranno impostati automaticamente.(vedi foto) Attenzione lo script purtroppo funziona solamente sui browser Google Chrome e Mozilla Firefox quindi se non utilizzate uno dei due browser appena citati, non è possibile utilizzarlo.(non funziona su Internet Explorer)
Installazione su Mozilla Firefox.
Controllate di aver installato il plug-in Greasemonkey, (è un’estensione del browser Mozilla Firefox) se ancora non lo avete fatto ecco qui il link.
Poi installate lo script Auto-Colorizer for Facebook e aprite Facebook per vedere le pagine colorate.
Installazione su Google Chrome.
Per installarlo su Chrome basterà scaricare Auto-Colorizer for Facebook (Link come indicato sopra) che s’installerà automaticamente.
Se l’installazione è andata a buon fine in entrambe i casi, noterete che il colore di sfondo e del testo di Facebook cambierà a ogni pagina visitata.
Ovviamente questa modifica sarà visualizzata solo da voi e non dai vostri amici che continueranno ad avere i normali colori di Facebook.
La seconda applicazione, è certamente più utile: Facebook PhotoZoom. è un ottimo componente aggiuntivo per il browser che permette di Ingrandire le foto di Facebook al passaggio del mouse. Ecco come funziona
Se si utilizza Mozilla Firefox, il primo passo è collegarsi a questa pagina del sito Internet Mozilla Add-ons e cliccare sul pulsante verde Add to Firefox per avviare l’installazione del componente aggiuntivo Facebook PhotoZoom nel tuo browser. Nella finestra che si apre, attendere che il conto alla rovescia termini poi click prima su Installa adesso e poi su Riavvia Firefox per completare l’operazione e riavviare il browser.
A installazione completata, tutto quello che si deve fare, è accedere alla pagina principale del social network e mettere per qualche secondo il puntatore del mouse sulle foto che si desidera ingrandire. Funziona con le immagini dei profili, le foto presenti negli album degli amici e perfino le foto nei commenti.
Nel caso in cui non vi servisse, più si può cancellare facilmente da Firefox, selezionando la voce Componenti aggiuntivi dal menu Strumenti. Selezionare quindi la voce concernente Facebook PhotoZoom dall’elenco delle estensioni installate e cliccare sul pulsante Disinstalla per due volte consecutive per completare l’operazione.
Facebook PhotoZoom è disponibile anche per Google Chrome. Si può installarlo andando su questa pagina o copiare questo Link https://chrome.google.com/extensions/detail/elioihkkcdgakfbahdoddophfngopipi
Due articoli su un problema abbastanza comune ormai: la solitudine.
Le grandi, belle e numerose famiglie di una volta non ci sono più e molto spesso si vive soli.
Il problema lo affrontano e ce lo propongono Angelom e Alba Morsilli. Due facce della stessa medaglia ma con soluzioni diverse. Che ne pensate?
La solitudine di Angelom
Si parla sempre di solitudine e sempre in termini negativi. Nell’immaginario collettivo evoca un contenuto spiacevole, un sentimento simile alla tristezza qualcosa da evitare…E si tende ad associarla a non avere uno/a compagno/a. Quando ci si riferisce ad una persona non sposata né fidanzata spesso si sente dire “è sola”, come se la condizione di “stare” da sola coincidesse con “esserlo” emotivamente. La lingua italiana in parte ne è complice, per l’uso intercambiabile dei due verbi in relazione al significato. Il sottinteso dell’espressione “è/sta da sola/o” suona più o meno del tipo: “eh poverino/a soffrirà la solitudine”… “Oppure avrà qualche problema per cui nessuno può stare con lui/lei”. Ci sono persone che hanno un partner, e/o degli amici e che comunque si sentono sole. Quando si rinuncia a sognare, quando si diventa pessimisti e dissacranti (o disfattisti), quando si perde la fiducia negli altri, lì si avverte un senso di solitudine fatto di mancanza, di delusioni, di sensazioni negative conseguenti a quelle convinzioni che sono o diventano la realtà che viviamo. Quando non si hanno (più) interessi, passioni, allora si respira una solitudine triste, inappagante. Le persone che con troppa facilità giudicano gli altri e quelle che si affliggono perché vivono continuamente nel timore del giudizio altrui, finiscono anch’esse per sentirsi sole e per ritrovarcisi davvero.
Dunque: ci sono persone sole senza sapere di esserlo, ce ne sono altre che pensano di essere sole e non lo sono, altre ancora, che si sentono sole e realmente lo sono. Posto che le motivazioni possano essere diverse, è bene interrogarsi “se c’è qualcosa nel modo di pensare , di fare, che contribuisce a creare la propria solitudine”, e ancor più fa bene adoperarsi per cambiare quella realtà: cosa (mi) farebbe sentire meglio/mi darebbe la sensazione di non essere solo/a”…meglio ancora , com’è , per me, il contrario di sola/o e se mi sentissi così come mi sentirei, cosa penserei…?”
Quando si vive una certa condizione (psico) emotiva è più facile perpetrarla che cambiarla. Perciò occorre impegnarsi, mettere in campo le proprie energie e risorse per realizzare il cambiamento. Esiste una solitudine che mette più a contatto con se stessi che regala una piacevole conciliazione e di serenità con se stessi e con il mondo. Diventa un momento di consapevolezza che (ti) fa vedere le cose da una prospettiva diversa. Educa all’ascolto delle sensazioni, recupera significati, apre nuove strade a desideri e bisogni. Dobbiamo assecondare l’andamento ondulatorio della vita: vuol dire concepire la solitudine, ed altre condizioni della persona, come transitorie e non definitive e legate da un equilibrio, dove l’una si alterna all’altra.
Angelom
Soli si nasce –Essere felici stando da soli si impara di Alba Morsilli
Questo è il titolo di un libro che ho letto recentemente la scrittrice è Cristina Rossi Morley
Dedicato a persone che come me vivano in solitudine e molto spesso questa la consideriamo negativa.
Io ho fatto una lunga riflessione nel leggere, spero tanto che possa essere utile a chi si trova in questa condizione la scrittrice scrive; che siamo animali della specie umana, abbiamo bisogno di far parte di un gruppo, di stare con gli altri, di confrontarci, di affermarci a livello sociale.
Questo ha fatto nascere il luogo comune che sentirsi soli è brutto, è triste è un male.
Così quando siamo costretti a stare soli, crediamo che sia una cosa innaturale, anormale, patologica, assumiamo al nostro stare soli un valore negativo.
Essere soli non è un marchio d’infamia, è una condizione psicofisica.
Essa costituisce uno stimolo alla vita.
Essere felici stando da soli si impara.
Come regola principale si deve aumentare l’Amore che nutriamo per noi stessi.
Dobbiamo essere consapevoli del nostro stato e quindi presenti a noi stessi.
Svegliarsi con noi accanto darsi il Buon Giorno!
Pranzare con noi accanto augurarsi Buon Appetito!
Guardarsi allo specchio vedere una persona autoironica, ridere dei propri errori e difetti e anche della propria solitudine.
Sembra tutto banale, io, nei momenti di marcata solitudine, l’ho fatto e mi è servito, essere soli significa anche essere noi stessi, star bene con noi stessi vuol dire non sentirsi mai soli.
Alba Morsilli
Son passati 36 anni.
Una marea di indagini, udienze, sentenze e, alla fine, visto che non c’è più l’assoluzione per insufficienza di prove, tutti dichiarati innocenti.
Intanto una cosa è certa, ci sono stati otto colpevoli, gli otto ammazzati a Piazza della Loggia, gli otto che si trovavano lì quel giorno, colpevoli di rivendicare il diritto democratico di manifestare, di riunirsi, di ascoltare, di capire.
E con loro una marea di complici. Complici nel voler essere in piazza a tutti i costi.
Qualcuno per questo è stato punito e ferito dalle schegge impazzite della bomba.
Ma se loro, gli otto e tutti i loro complici, avessero saputo e accettato l’idea che lo Stato non ha la capacità di andare al fondo delle cose, che la rivendicazione di una vita democratica è di per sé una condanna a morte senza appello, quel giorno non si sarebbero trovati a Brescia e in quella piazza.
Invece no, testardi a voler manifestare, e a rimetterci la pelle: colpevoli di eccesso di democrazia.
Un filosofo, Emanuele Severino, definì quello di quegli anni terrorimo dosato, in quanto somministrato a piccole dosi: piazza Fontana, Italicus…piazza della Loggia…Stazione di Bologna…
Perché se uno, o un gruppo, può mettere una bomba e uccidere 10 o 100 persone, non ne mette 100 o 1000 di bombe con tutto ciò che ne consegue?
In questo momento viene chiamato terrorismo anche quello in Iraq: lì sì, è terrorismo puro. Tutti i giorni, ogni momento la vita va a brandelli.
Quello che vivemmo noi tutti allora, e che nel corso di questo mezzo secolo ci portiamo appresso con indelebile paura, è altra cosa. E’ stato somministrato a dosi ponderate secondo le necessità, quel tanto che basta per mettere paura e come si sa, e come non mi stancherò mai di ripetere, la paura divide.
Ieri uno dei colpevoli che a Piazza della Loggia restò ferito, in silenzio si è recato alla lapide commemorativa, ha posto un cartello e deposto dei fiori, a suggellare il senso d’ingiustizia.
Naturalmente è stato fermato ed identificato dalle forze dell’ordine. Tutti giovani guardie che non erano ancora nati quando la bomba scoppiò.
Sempre ieri, mentre l’uomo, che oggi ha 63 anni, tentava la sua silenziosa protesta, un corteo di giovani studenti in sciopero passava lì vicino. Pare non si siano accorti di nulla, pare neanche sapessero che in quella piazza una bomba uccise otto persone sette lustri fa e che, l’altro ieri un processo si sia concluso assolvendo tutti tranne i morti.
Popof
RIMUOVERE LE VECCHIE VERSIONI DI JAVA
La maggior parte di noi, anche se alcuni non lo sanno, ha sul PC un componente chiamato Java.
Java è il linguaggio di programmazione utilizzato per sviluppare programmi, soprattutto aziendali, ma, soprattutto per gli utenti semplici, per aprire le applet, dando la possibilità di giocare online, chattare, visualizzare immagini in 3D e molto altro ancora.
Non voglio entrare nella spiegazione tecnica di cosa sia Java perché non è, qui, interessante.
La cosa però da notare è che Java su Windows è un programma non ottimizzato, grosso e con frequenti aggiornamenti che si vanno a sommare uno sull’altro.(gli aggiornamenti sono automatici)
Il fatto è che, quando si esegue un aggiornamento di JRE (Java Runtime Environment), non vengono rimosse le versioni precedenti.
Succede cosi che, dopo un certo periodo di tempo, se si va in installazione applicazioni di Windows per vedere la lista dei programmi presenti sul computer, si possono avere varie versioni Java contemporaneamente.
Ciascuna di esse pesa circa 100 MB e, non solo si tratta di spazio sprecato sul disco, ma è anche pericoloso avere file obsoleti sul computer che possono creare errori e, teoricamente, aprire falle di sicurezza e permette l’accesso ai virus.
Insomma, le versioni vecchie di Java è meglio eliminarle e rimuoverle anche perché sono completamente inutili. C’è una soluzione molto veloce e semplice.
Il programma che rimuove le versioni vecchie di Java dal computer si chiama JavaRA.
JavaRa è un tool portatile gratuito che permette di aggiornare il JRE e rimuovere le vecchie versioni Java automaticamente e con facilità. (programma standalone*)
L’utilizzo è molto semplice, si deve solo scaricare il file, estrarre l’archivio, (zippato) ed eseguire il file javara.exe senza alcuna installazione.
Dopo aver scelto la lingua, appare una finestra con quattro pulsanti con cui è possibile: aggiornare Java JRE (l’aggiornamento è automatico quindi non serve cliccare su questo pulsante) rimuovere le versioni precedenti (Click su questo) controllare le impostazioni avanzate e About NO (anche se cliccate su questi, non succede nulla, basta chiudere la finestra.)
IMPORTANTE:
Durante la rimozione, l’unico requisito è che il browser web, Internet Explorer, Firefox, Chrome o altri, sia chiuso.
Link per scaricare il programma:
http://sourceforge.net/projects/javara/
*Ripeto cosa è un programma standalone:
Standalone , la cui traduzione letterale dall’inglese è autonomo, indica qualcosa in grado di funzionare “da solo“. Per questo motivo, un programma è detto standalone quando è in grado di avviarsi senza richiedere la procedura d’installazione.
Sistematelo in una nuova cartella, dove lo potete trovare facilmente.
Giuliano4.rm
Estate di San Martino
Questo periodo dell’anno, intorno alla metà di novembre è caratterizzato da una serie di giornate calde e soleggiate dopo un periodo di gelo o di forti piogge. È “l’estate indiana” come l’hanno sempre chiamata i nativi del Nord America, che un tempo approfittavano di questo particolare periodo per terminare il raccolto prima del sopraggiungere dell’inverno. Ma il fenomeno non si ripete necessariamente tutti gli anni.
Così nel Nord America, invece in Europa, questo periodo dell’anno è legato alla data dell’11 novembre, San Martino; ma c’è una similarità anche questo periodo si chiama “estate” l’estate di San Martino. Anche qui la tradizione è legata al mondo agricolo: infatti “a San Martino ogni mosto diventa vino”
Tradizionalmente durante questi giorni si aprono le botti per il primo assaggio del vino novello, che solitamente viene abbinato alle prime castagne.
Per evocare ricordi scolastici
questa tradizione è celebrata anche in una famosa poesia di Giosuè Carducci
intitolata appunto San Martino:
La nebbia a gl’irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de’ tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’esuli pensieri,
Nel vespero migrar.
(San Martino; Giosuè Carducci)
Pino1.sa ci ricorda le origini cristiane della data 11 novembre : San Martino di Tours, vescovo.
Martino nacque nel 317 in Pannonia (Ungheria) da un tribuno militare e fu educato a Pavia. Costretto ad arruolarsi nell’esercito imperiale, in questo ambiente ebbe modo di incontrare la fede cristiana e vi aderì. Dal suo biografo Sulpizio Severo veniamo a sapere che il giovane soldato, ancora catecumeno, incontrò un povero, tremante di freddo, alle porte di Amiens e, non avendo altro da offrirgli, gli diede metà del suo mantello militare. La notte successiva Cristo, apparendogli in sogno, gli fece udire queste parole: “Martino, ancora catecumeno, mi ha coperto con questo mantello”. Nel 337 fu battezzato e, ispirato dalla figura di Ilario di Poitiers, decise di dedicarsi alla vita monastica; ma intervenne l’esilio inflitto dagli ariani a Ilario, che indusse Martino a ritornare in Pannonia, ove convertì la madre alla fede cristiana.
Al rimpatrio di Ilario a Poitiers anche Martino tornò e potè realizzare il suo desiderio, fondando insieme a Ilario il monastero di Ligugé, il più antico d’Europa. Eletto vescovo di Tours nel 371, iniziò la sua grande opera pastorale dedicandosi alla conversione dei Galli, impegnandosi nella pacificazione tra ariani e ortodossi e nell’evangelizzazione missionaria delle campagne, dove creò le prime parrocchie rurali. Restò comunque sempre fedele alla sua vocazione monastica, continuando a vivere come monaco nel nuovo monastero da lui stesso fondato presso Tours, il cenobio di Marmoutiers, dove condusse con alcuni monaci-preti da lui formati, una vita di comunione fraterna, di condivisione dei beni, di preghiera comune e di predicazione.
La tradizione legata al mondo delle campagne ha fatto di Martino uno dei santi più popolari e amati, inventando una miracolosa estate di san Martino. Morì l’8 novembre 397 a Candes vicino a Tours. giorni precedenti e successivi