Ancora una disgrazia, ancora bimbi carezzati dal freddo.
Non voglio leggere giornali stavolta. Non voglio vedere noi grandi col dito
puntato o con le mani plaudenti o congiunte.
Nulla più vedranno i piccoli occhi che ieri correvano nei solchi dei sogni.
Era solo GPL, incolore, inodore e bruciante fino a squamare le ossa, come
una piccola atomica civile.
Com’è straziante il dolore innocente, il dolore di chi senza colpa viene
strappato alla vita.
Quando pensi a Viareggio pensi ai carri di marzo, non alle idi, non ai carri
di fuoco.
“Stringiamoci a corte, siam pronti alla morte…” , magari al Centro Estivo
Comunale anche loro come noi da piccoli, avrebbero cantato l’orribile
strofa.
Forse l’abbiamo cantata per esorcismo. Forse perché incorati.
Ieri a L’Aquila, oggi a Viareggio, domani chissà dove si fermerà la pallina
della roulette fatale.
Ma tutta l’acqua del mare che ci circonda non basterà a spegnere il fuoco
della rabbia che monta.
L’altro ieri ci han detto “Il nucleare di quarta generazione è sicuro”.
Perché non ce lo raccontano oggi?
Sono altrettanto sicuri i sistemi di controllo? O si va per prove?
Popof 1luglio2009
Jan Vermeer Pittore prediletto da Proust
Il pittore olandese Jan Vermeer può considerarsi uno dei più grandi artisti di tutti i tempi ed il maggior esponente dell’Olanda seicentesca.
Nacque a Delft – dove vivrà per tutta la sua vita fino alla morte, avvenuta nel 1685 – da famiglia protestante.
Nel 1653 sposò una donna cattolica, dalla quale ebbe ben 14 figli.
La suocera fu una sua grande ammiratrice e lo sostenne anche finanziariamente.
L’arte di Vermeer ci permette di conoscere l’Olanda di un tempo, le usanze e i costumi della provincia, il carattere sociale e l’economia di una nazione che nel XVII secolo era all’apice del suo splendore storico.
Nelle prime opere di Vermeer si avverte l’influsso del Caravaggio, che conobbe attraverso la pittura di Orazio Gentileschi. Questo è un aspetto singolare poiché, proprio recentemente, ho parlato di Artemisia Gentileschi – sua figlia – in Riflettiamo.
Vermeer si distingueva notevolmente dai suoi contemporanei per alcune sue particolarità: la ricerca del colore puro e della luce. Ma soprattutto per la sua meticolosità, eccezionale nella pittura.
Proprio la luce è uno degli ingredienti più preziosi dei quadri di Vermeer: è come se avesse una sua palpabile consistenza che tocca le cose e le rende vive. L’assoluta perfezione dei suoi quadri indusse molti a credere che facesse uso di una camera oscura, strumento già noto in quei tempi.
Come non ammirare la luce ed il colore sprigionato dal dipinto “Donna in azzurro che legge una lettera”?
La sua opera più conosciuta è stata definita “La Monna Lisa Olandese”, ed è “La ragazza col turbante”, nota anche come “La ragazza con l’orecchino di perla”, da cui fu tratto l’omonimo romanzo e, in seguito, un film.
La produzione di Vermeer, tuttavia, anche a causa della sua maniacale lentezza compositiva, fu molto limitata: non più di una quarantina di suoi quadri sono giunti fino a noi. Ciò, peraltro, gli procurava insuperabili problemi di sostentamento per la sua famiglia, così numerosa.
E’ sorprendente, inoltre, che, per oltre due secoli dalla sua morte, il pittore e le sue opere furono dimenticate, sino a quando egli fu “riscoperto” da un critico francese, nel 1858.
Le vicende umane di molti artisti di pittura hanno spesso percorsi affini: totale incomprensione per il loro talento, problemi finanziari, talvolta difficoltà di sopravvivenza, non ultima, la conclusione drammatica della loro vita.
Ma l’arte, quando c’è, prorompe inevitabilmente a dispetto di ogni cosa e si afferma all’attenzione di amatori e critici.
Così è successo a Vermeer, grande genio della pittura.
Opere principali di Vermeer:
– La ragazza col turbante
– Donna in azzurro che legge una lettera
– La lattaia
– Ragazza con flauto
– Ragazza assopita
– Donna con la brocca
– La merlettaia
– Veduta di Delft
– Natura morta
Giovanna3.rm 30.06.2009
Mi sembra doveroso mettervi a conoscenza, per chi non lo fosse, di uno scambio di missive tra il Comico Beppe Grillo e Debora Serracchiani.
Chi è Debora Serracchiani.
E’nata a Roma il 10 novembre 1970. Ora vive a Udine ed esercita la professione di avvocato. Nel dicembre del 2008 è stata eletta Segretaria
comunale del Partito Democratico di Udine.
Elezioni Europee 2009, Debora Serracchiani ha ottenuto 74mila preferenze.
Il capolista, Luigi Berlinguer, invece, si è dovuto accontentare di poco più di 11mila voti. Silvio Berlusconi, capolista in Friuli per il Popolo della
Libertà, si ferma a 64.286 preferenze.
Debora Serracchiani del PDmenoelle ha risposto a una critica che le ho rivolto sul blog. L’ha fatto con un post gentile e misurato.
Lettera di Debora Serracchiani
“Caro Beppe,
quando parli di Pdmenoelle tu, hai in mente i vertici e quello che hanno fatto. Quando io penso al PD, penso alla base, al partito che possiamo
costruire. Forse la differenza è tutta qui. In fondo credo che stiamo lavorando per uno stesso obiettivo. Solo che lo facciamo con modo
differente. Ti prego di concedermi il beneficio del dubbio. Forse la strada che ho scelto me è quella più indicata per rinnovare la politica.
Forse… A te non chiedo tanto. Chiedo solo di lasciarmi provare. Magari insieme e ognuno a modo suo ce la facciamo”
Debora Serracchiani
Lettera di Beppe Grillo
“Cara Debora,
il PDmenoelle è in mano agli alleati dello psiconano, quelli che gli hanno permesso di trasformarsi nella più grande metastasi della democrazia.
D’Alema, Fassino, Veltroni, Rutelli, Bassolino, Napolitano sono stati, e sono, organici al PDL. Franceschini, il vice disastro secondo il nuovo
sindaco di Firenze, è una comparsa della politica.
La proposta per lo impeachment dello psiconano di Antonio Di Pietro non ha raccolto una sola firma dai tremuli deputati tuoi colleghi di partito.
Berlusconi, la P2, il conflitto d’interessi, la scomparsa dell’informazione sono figli legittimi dell’assenza di una vera opposizione. PDL e
PDmenoelle sono due facce della stessa moneta. Del Turco, Bassolino e Carra valgono i loro pari nel PDL. Si dice che la politica del
PDmenoelle sia frutto d’incapacità, di confusione. Io non lo credo. PDL e PDmenoelle sono organici, due gemelli siamesi che, se separati, morirebbero entrambi. Berlusconi è fonte di sopravvivenza per “i vertici”, senza di lui non esisterebbero. La dimostrazione è Violante, che gli
garantì il controllo delle televisioni e se vantò in Parlamento. D’Alema che lo sdoganò per costruire, insieme a un uomo del genere, la
Bicamerale. Veltroni che, appena nominato segretario, discusse con lo psiconano la nuova legge elettorale e avviò (lui, non Mastella) la crisi del
governo Prodi.
Questa è la casa dove vivi cara Debora. Sei come una missionaria o una suora di clausura che vive in un bordello. Sei stata eletta con le
preferenze, tante preferenze. Ma “i vertici” del tuo partito non sarebbero più in Parlamento se ci fossero le preferenze anche per le politiche. Le
stesse che chiedo di reintrodurre da tre anni. Senza preferenze tu non esisteresti. Con le preferenze “i vertici” andrebbero a zappare la terra o a scrivere libri per la Mondadori.
Dici che stiamo lavorando per lo stesso obiettivo. Il mio è il programma delle Liste Civiche a Cinque Stelle, La Carta di Firenze, senza inceneritori, con l’acqua pubblica, senza condannati nelle amministrazioni. Qual è su questi argomenti il tuo parere? Che cosa intendi fare?
Forse sei una persona giusta, ma nel posto sbagliato. Rosy Bindi è stata tumulata ed era il peggio. In bocca al lupo.”
Beppe Grillo
http://www.youtube.com/watch?v=F-hPwlft7w8
Il limite appartiene alla condizione umana.
Perdere questa evidenza, come capita talora alle nostre nuove generazioni, significa contraddire la realtà quotidiana in cui siamo immersi. Il senso del limite va guardato in una logica di servilità, che molti si mettono a disposizione delle varie comunità che vi sono in Italia e di cui nessuno ha dimostrato in questi ultimi anni, di dare a loro quel ringraziamento o a loro la gratitudine, se non attraverso i mass media, o le stesse persone a cui l’utilità agli stessi servizi, servirebbe solo a coloro che ne debbano usufruire. Infatti proprio perchè sono finiti i contingenti addetti alla copertura, dei servizi restano senza difese (vedi Belice, il terremoto in Irpinia, il disastro a San Giuliano etc…), non vengono adottate delle misure su chi debba restare e proseguire il lavoro, anche senza le direttive di personale qualificato, siamo e ci sperimentiamo in relazione all’utile che ce ne deriva, è forse questo l’aiuto che il popolo italiano da’, dove ora vi è il terremoto? O in altri antecedenti posti? Rimanere, solo per farsi vedere, di fronte alle prossime funzioni del voto che erano in procinto di essere vissute, o rimanere solo per fare bella figura?
“”Nessuno dà niente per niente”” dice un proverbio, ma se così fosse, chi ne pagherà le conseguenze? se non gli stessi terremotati, i malati, le persone anziane che costituiscono il 25% della popolazione italiana. Questo è solo una questione di piccoli servizi al limite umano. Parlo di quelle persone che fanno le badanti, accettano il lavoro pur di rimanere in un posto come l’Italia e dove credono di trovare tutto quello che servirà loro, per tirare avanti. Gli infermieri non ce ne sono più tanti (da una statistica è stato appurato che il 35% degli infermieri se ne è andato in pensione, e i nuovi non sono all’altezza di quelli che se ne sono andati), e quelli che sono in servizio sono sotto sforzo da molto tempo, la loro operosità sta diminuendo dal troppo lavoro e ne fanno le spese gli stessi malati, non vi sono strutture adeguate, vengono eliminati reparti, perché non vi è personale, i bisogni dei malati aumentano e nessuno fa nulla, stanno alla sanità personaggi a cui dare un ministero è solo la complicità di un partito. I vigili del fuoco fanno miracoli, danno il loro contributo anche con delle vittime dei loro reparti. Siamo un popolo a cui non vi è dato modo di esentarsi dalle disgrazie, e molte volte i pompieri hanno a che fare con incendi di personaggi che poi vorrebbero costruire su fondi che hanno preso fuoco. Non si distingue la moralità di una persona dai soldi che ha, ma da quello che fa, niente e nessuno decidono, eppure si parla delle nostre vite. Ci meravigliamo, la nostra bella Italia sta andando alla deriva, troppe leggi, troppe persone che decidono per degli operai, impiegati, artigiani, commercianti, e tutte le categorie di lavoratori, ognuno con i propri problemi, ma non c’è nessuno che ascolta, è mai possibile che un popolo governato da troppe persone non faccia mai giorno? Di fronte alla sofferenza del singolo e della stessa società, molti non sanno che fare, nessuno si fa carico di responsabilità per definire una buona volta per tutti che, l’aiuto deve essere costante non solo nelle
grandi calamità, ma occorre una più accentuata partecipazione del governo, delle istituzioni, delle grandi società, magari con l’aiuto delle stesse persone del luogo, con associazioni, e tante altre costituenti la partecipazione totale del popolo. Ho sentito giorni fa un ragazzo studente e terremotato a L’Aquila, diceva cosi: “”Se le strutture ci sono ma non ho un lavoro cosa me ne faccio di un titolo di studio se poi devo andare all’estero per farmi conoscere, dare un valore a quel titolo che ho avuto con i sacrifici dei miei genitori ?””. Questo non è il futuro per i nostri giovani, ma la chiusura al mondo del lavoro, non essendoci più chi usufruisca di quello che un nuovo studente può darci. Tutti noi abbiamo fatto sacrifici, ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo cercato in ogni modo di affrontare la vita con le speranze che tutto si aggiustava, la guerra, la ricostruzione dell’Italia e tutto quello che potevano darci i nostri genitori. I giovani di oggi hanno questo LIMITE?
http://www.youtube.com/watch?v=F-hPwlft7w8
SOLO AMANDO LA VITA DI CIASCUNO FINO ALLA FINE C’E’ SPERANZA DI UN FUTURO PER TUTTI
Scritto da Lorenzo3.an
Stamattina sul giornale mi son trovato questa parola “ESCORT”a proposito di, come chiamarli? Feste, incontri, raduni, happening o cocktails, poiché l’anglo-sassone lo mastico poco (e non per questione di denti, ma di testa) ho chiesto alla mia traduttrice casalinga che voleva dire. “Accompagnatrice” mi risponde secca. Ah, tutto qui. Accidenti e io che pesavo chissà cosa. Solo accompagnatrice. Per la miseria, avevo una Escort 1800 cc*, un mare di CV** che mi faceva prendere un sacco di multe: eccesso di velocità, svolta non consentita, mancato rispetto della direzione di marcia (tutte raccolte in meno di un anno). Possibile che adesso c’è chi paga, anche a rischio di crisi di governo, per averne una?
Io che l’ho venduta per disperazione: per le multe prese, perché consumava tanto e, inoltre, le 16 valvole che la dotavano dovevano essere costantemente registrate. Non parliamo delle candele, oggi costano anche in chiesa (e non sono più di cera come una volta). Forse avevo intuito che l’inglese “Escort” non vuol dire escursionista.
Insomma, io normale contribuente ho rinunciato alla mia Escort per una tranquilla TURBO-Lenta Baleno che era tale solo nel nome: mai preso una multa, mai superati i 130. E al rosso era già ferma con il giallo.
Ora mi chiedo come è possibile che un lungimirante capo di Governo non abbia notato i modelli (o le modelle) che gli offrivano gli imprenditori invitati agli happy hours?
Dai brava gente, dopo i compagni di merende ne abbiamo sentite tante.Non cambiate la vostra Escort solo per questo. Pensate dove vi può accompagnare.A meno che non sia tutto un trucco per rilanciare il mercato dell’auto.
Già mi immagino lui che dice a lei “Vedi cara non possiamo andare in giro con la scritta Escort sul di dietro, prendiamo un panda che almeno è una specie protetta”.
note a piè di pagina:
*cc: centimetri cubici. Da non confondersi con conto corrente c/c.
** CV: cavalli vapore. Da non confondersi con curriculum vitae.
Popof 28giugno2009
Nato Livorno nel 1884 e morto a Parigi nel 1920, La sua vita e le sue opere sono tuttora oggetto di studi di numerosi critici che, ancora oggi, tentano di capire il mondo di un grande artista che condusse una vita fra droghe e alcool, nonostante avesse un fisico minato dalle malattie.
E’ ricordato principalmente per i ritratti femminili dai volti stilizzati e i colli affusolati.
Morì qualche mese dopo aver compiuto i trentacinque anni e fu sepolto nel cimitero parigino Pére Lachaise.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire anche noi come trascorse la vita uno dei più grandi artisti vissuto a cavallo fra la fine del secolo XIX e l’inizio del XX secolo.
Fu il quarto di quattro figli. Entrambi i genitori provenivano da famiglie ebree. Il padre Flaminio Modigliani apparteneva a una famiglia di antichi commercianti la cui attività in quel periodo era di scarso successo.
La madre Eugenia Garsin, completamente diversa dal marito. Era una donna di carattere, molto colta e intelligente, a causa delle continue assenze del marito impegnato con il suo lavoro sempre fuori casa, dovette accollarsi da sola l’educazione dei figli che crebbero molto legati alla madre.
Fin da piccolo ad Amedeo piaceva leggere ma non aveva molta voglia di studiare e si occupava solo delle cose che più gli piacevano.
A undici anni si ammalò di pleurite e a quattordici una febbre tifoidea gli procurò una lesione polmonare.
A causa della salute cagionevole abbandonò gli studi e cominciò a disegnare.
Frequentò la scuola del Micheli, un vecchio Macchiaiolo livornese, ex allievo di Giovanni Fattori.
Nel 1900 fu di nuovo afflitto da un ulteriore grave problema di salute la vecchia lesione al polmone gli aveva portato la tubercolosi.
Credendo di poter ricavare un leggero miglioramento della malattia, la madre lo portò al sole di Napoli, Amalfi, Capri (dove ebbe una breve avventura con una giovane norvegese) e poi a Roma, in quei luoghi visitò musei e chiese. Per la prima volta era uscito da Livorno e al suo ritorno, sostenuto economicamente dallo zio, fratello di sua madre, si spostò a Firenze dove frequentò più gli Uffizi e Palazzo Pitti che la scuola “Libera di Nudo” del Fattori.
Nel 1903 lascia Firenze per Venezia dove si iscrisse al Regio Istituto di Belle Arti che frequentò saltuariamente. Proprio a Venezia, ad appena diciannove anni cominciava la sua carriera di uomo libertino e dissoluto. Le donne che si innamoravano facilmente di lui ed egli, che non aspettava altro, condusse una vita estremamente piacevole.
Iniziò allora un periodo non sempre molto positivo anche se lavorò molto dedicandosi soprattutto al disegno.
A Venezia che fu preso dall’ansia di andare a Parigi affascinato dai racconti del Soffici gli parlava continuamente di quella città passeggiando lungo i canali.
Arrivò a Parigi nel 1906 e fino al 1909, nonostante il grande lavoro, non riuscì ad ottenere risultati soddisfacenti. Stava spesso con un giovane medico, Paul Alexandre, non certamente facoltoso, che per quel poco che poteva lo aiutava economicamente.
Fu forse il primo ad acquistare opere di Modigliani: una serie di ritratti che conservò sempre gelosamente e che si rifiutò sempre di esporre
Non riusciva a piazzare i suoi i quadri; si rifiutava di vendere se non gli davano il prezzo che voleva e non aveva buoni rapporti con i mercanti d’arte.
A Parigi incontro molti artisti famosi, fra i quali anche Pablo Picasso che non gli piaceva, si intrattenne con Gino Severini e Oscar Ghiglia.
Economicamente non poteva disporre dei necessari mezzi di sostentamento, aveva un aspetto trasandato e un “comportamento aggressivo” e non poteva essere diversamente per un uomo dedito all’uso di alcool e droga.
Spesso litigava per questioni di donne e anche perché non sopportava le discriminazioni nei confronti degli ebrei.
Non aveva una dimora fissa, e quando non poteva permettersi nemmeno un alberghetto di infimo ordine veniva ospitato da qualche amico.
Ma forse il carattere intransigente e collerico era causato soprattutto dalla insoddisfazione, non era contento del suo lavoro, i risultati non arrivavano e più di una volta, in momenti di rabbia, arrivava a distruggere i suoi quadri.
Nel 1909, per un breve periodo tornò a Livorno, ma ci restò poco perché oramai era troppo abituato alla vita di Parigi.
Non si sa molto della sua produzione appena arrivato a Parigi, da quelli successivi al 1910 possiamo comprendere che si confrontò con quasi tutte le correnti pittoriche, da Cezanne allo stesso Picasso anche se non si uniformò mai a nessuno di quei modi di dipingere.
Lavorava molto e sempre con molte difficoltà a causa della malattia che gli minava la salute giorno dopo giorno.
Viveva in condizioni di estrema povertà sempre dedito ad alcool e droghe. Fu aiutato durante quel periodo prima dalla poetessa inglese Beatrice Hastings, e poi dal polacco Zborowski che organizzò per lui e altri artisti un soggiorno a Nizza per tentare di vendere i loro quadri a turisti danarosi. Anche quello fu un fallimento, potette vendere solo pochissime opere e anche per pochi soldi. Ma in quel periodo consegnò alla storia i più belli e importanti dipinti da lui prodotti.
Dai suoi disegni e dai suoi quadri appariva una spiritualità particolare diversa da tutti gli altri artisti che operavano allora a Parigi, come si può facilmente arguire nella “Cariatide”.
Si differenzia nettamente dal modo di dipingere degli Impressionisti e dà più valore alla linea come si può verificare nella “Beatrice Hastings” e nella “La servetta”.
A proposito dello stile di Modiglioni così si esprime Emilio Lavagnino in “L’arte moderna – Dai neoclassici ai contemporanei – Ed UTET – 1961” : Lo stile di Modigliani ha valore in quanto espressione poetica di una sensualità e spiritualità così armonicamente e intimamente fuse da poter essere espresse con un linguaggio che da il senso di una assoluta purezza. ………………onde le immagini di Modiglioni, malgrado ci trasportino nel regno della fantasia, danno a chi le osservi quel riposante senso di appagamento che è proprio dell’arte classica”,
Conobbe nel 1917 Jeanne Hébuterne, giovane e bella artista con la quale visse fino alla morte e da cui ebbe una figlia.
Nel maggio del 1919 assieme a Jeanne e alla loro figlia affittò un appartamento in Rue de la Grande Chaumière. Mentre vivevano li, sia Jeanne che Modigliani dipinsero ritratti l’uno dell’altro e di tutti e due assieme. Anche se continuava a dipingere, la sua salute peggiorava rapidamente.
Alla morte di Modiglioni Jeanne, che aspettava un bambino, si suicidò gettandosi dalla finestra.
Per divagare, oggi parleremo de
IL TATUAGGIO
Compaiono misteriosamente con i primi caldi, quando i vestiti si fanno sempre più succinti, lasciando intravedere ampie parti di membra nude e, spesso, catalizzano gli sguardi provocando diverse reazioni: di ammirazione, di contrarietà, di perplessità, di stupore……..
L’ antichissima arte del tatuaggio torna prepotentemente di moda, insinuandosi in tutte le classi della civiltà occidentale, che da tempo etichettava questa pratica come retaggio di popolazioni non civilizzate, assimilandone l’usanza e, a volte, snaturandola dal suo contesto originario, per creare un fenomeno in linea con i tempi: il tatuaggio come comunicazione di un messaggio personale.
L’arte di decorare permanentemente il corpo ha origini molto lontane, che si possono far risalire alla preistoria e seguire nelle maggiori civiltà antiche, dove assumeva prevalentemente un carattere sociale identificativo di una casta o di qualche credenza apotropaica di carattere religioso o terapeutico. In Europa, mentre i Celti ne facevano uso per rappresentare in maniera zoomorfa il culto delle loro divinità ed altre etnie nordiche li usavano come simboli di coraggio e prestigio, i romani, sostenitori dell’integrità del corpo, si riservavano di impiegarli come metodo coercitivo e distintivo di chi commetteva dei reati; anche se loro stessi poi rimasero soggiogati dal fascino selvaggio che incutevano dalla pelle fieramente decorata.
Alterne fortune ebbe questa pratica nel medioevo, epoca in cui rimase collegata soprattutto alla croce di Cristo tatuata sui combattenti cristiani. Tuttavia, furono le successive peregrinazioni coloniali a restituire un nuovo smalto al disegno sul corpo. I marinai occidentali videro il valore e la sofferenza concretizzarsi nei tatuaggi degli abitanti di molte isole esotiche e non vollero essere da meno, sebbene assieme all’emulazione avessero inizio anche atroci commerci per importare, per esempio, le teste decorate degli indigeni barbaramente mozzate. Da una di queste isole della Polinesia deriva il termine “tatau”, nell’accezione di “bucherellare”, atto che poteva essere interpretato anche come modo per forare la pelle e creare una via di fuga per gli umori maligni del corpo.
Nel vecchio continente i tatuaggi rimasero appannaggio di fuorilegge, di gente poco raccomandabile e di militari fino agli anni ’70, quando alcune frange giovanili adottarono questi simboli, facendoli diventare sinonimo di ribellione, legati a generi musicali ritenuti trasgressivi. Ma la vera svolta in chiave moderna si è avuta negli ultimi tempi, sdoganando il tatuaggio dai pregiudizi precedenti, per riproporlo in chiave personalizzata, dove il valore estetico del disegno assume un ruolo quasi paritario al suo significato. L’aspetto intimo per cui una persona può decidere di ornare il corpo con un disegno indelebile ha decretato così l’enorme diffusione registrata di recente, svincolandosi, appunto, dai significati estremi, per diventare un po’ più alla portata di tutti, in barba al dolore che la tecnica possa causare per imprimerlo.
Sorvoliamo il discorso sulle tecniche, sui temi e sulle parole o frasi oggetto di tatuaggi per non dilungarci troppo e riflettiamo su una delle tante pratiche oggi in auge, pratica che, come tantissime altre, pur sembrando “invenzione” dei giovani d’oggi, affonda le radici nel vissuto millenario di popoli ormai estinti; pratiche che, apparentemente “stupide”, partivano con un fondo di motivazione in credenze tribali o pratiche religiose. Personalmente non sono mai stato attratto da tale pratica, ritenendola una pratica inutile che, non raramente, può portare al pentimento con soluzioni riparatrici impossibili o quasi. Ovviamente, rispetto le volontà degli altri, così come ho sempre rispettato quella dei miei figli dall’età della loro maturità.
Franco 3.br 27 Giugno 2009
Vogliamo parlare anche della lussuria?
Il termine deriva dal latino: luxuria, libertinaggio, sessualità sfrenata, secondo la concezione medioevale, l’abbandonarsi al piacere senza moderazione.
Esso indica la bramosìa, senza controllo dei piaceri sessuali, infine un egoistico amore di sé.
Appare, quindi, chiaro il significato di lussuria, che designa qualche cosa di esagerato e di parziale. Il termine lussuria, tuttavia, è ormai desueto, secondo quanto affermava il filosofo e riformatore Jeremy Bentham, che suggeriva di sostituirlo con quello di “desiderio sessuale”.
Il lussurioso tende a privilegiare solo alcuni aspetti del partner (il corpo o una parte di esso) che diventano il polo d’attrazione erotico, tutto il resto è escluso, l’interezza è negata.
Il corpo viene oggettivato e la persona spersonalizzata: i gesti, gli accessori, la musica e la luce assumono un’importanza fondamentale, poiché devono supplire alla mancanza di un altro tipo di seduzione, che scaturisce da un’intesa psicologica e affettiva, oltre che fisica.
La lussuria è quindi una conseguenza di un certo tipo di timore: la paura del confronto con un altro essere umano nel quale è possibile rispecchiarsi. Il lussurioso non si vuole specchiare, non si vuole vedere, non si vuole confrontare.
E’ anche una delle manifestazioni più comuni del disagio proprio della nostra società, dove siamo alla continua ricerca di nuove esperienze e nuove emozioni, che ci facciano sentire “vivi”.
Ma è una ricerca instabile che spesso ci porta a sentire il vuoto dietro le cose. E così, ad un’avventura erotica ne segue un’altra, un’altra e un’altra ancora. Si cerca l’assoluto, ma si rimane delusi.
Poi capita che la sessualità tradizionale non basti più e si cerca allora la novità, una pratica erotica trasgressiva, un’avventura con un travestito o un transessuale ecc.
Dante colloca Paolo e Francesca nel secondo girone dell’Inferno, sbattuti dalla “bufera infernal che mai non resta”, poiché si sono lasciati travolgere dalle passioni carnali.
Dante presenta anche una serie di altri esempi, tra cui Elena Paride….. ed è qui che alla fine sviene “caddi ,come corpo morte cade”.
L’ansia, che porta molti a ricercare nuove emozioni o gratificazioni in un sesso sregolato, scompare nel momento in cui si incomincia a percepire il vero senso della vita, ci si sbarazza dei dubbi, ripensamenti e sensi di colpa.
Occorre immergersi nella realtà, confrontandosi con tutto quello che si incontra, senza paura del paragone o di essere sconfitti o messi in ridicolo.
Questa è l’unica medicina per combattere la lussuria ed essere felici.
La vita è così com’è, l’unico modo per non soccombere è quello di accettarla senza volerla per forza spiegare, insomma…..viverla.
Aforismi sulla lussuria
– Rendimi casto, ma non subito. (Sant’Agostino)
– Il sesso è la cosa più divertente che ho fatto senza ridere. (Woody Allen)
– Il piacere è come certe droghe medicinali: per ottenere sempre lo stesso risultato bisogna raddoppiare la dose. (Honoré de Balzac)
– Bambini? Preferisco cominciarne cento che finirne uno. (Paolina Bonaparte)
– Le donne troppo virtuose hanno in sé qualcosa che non è mai casto. (Denis Diderot)
– Il pudore inventò il vestito per goderne meglio della nudità. (Carlo Dossi)
Giovanna3.rm 25 giugno 2009
“Io e molti credenti crediamo che così avete perduto autorità. Molti si allontanano dalla Chiesa per la vostra morale elastica”
di don PAOLO FARINELLA
Questa lettera, scritta da don Paolo Farinella, prete e biblista della diocesi di Genova al suo vescovo e cardinale Angelo Bagnasco, è stata inviata qualche settimana fa e circola da giorni su internet. Riguarda la vicenda Berlusconi, vista con gli occhi di un sacerdote. Alla luce degli ultimi fatti e della presa di posizione di Famiglia Cristiana che ha chiesto alla Chiesa di parlare, i suoi contenuti diventano attualissimi.
Egregio sig. Cardinale,
viviamo nella stessa città e apparteniamo alla stessa Chiesa: lei vescovo, io prete. Lei è anche capo dei vescovi italiani, dividendosi al 50% tra Genova e Roma. A Genova si dice che lei è poco presente alla vita della diocesi e probabilmente a Roma diranno lo stesso in senso inverso. E’ il destino dei commessi viaggiatori e dei cardinali a percentuale. Con questo documento pubblico, mi rivolgo al 50% del cardinale che fa il Presidente della Cei, ma anche al 50% del cardinale che fa il vescovo di Genova perché le scelte del primo interessano per caduta diretta il popolo della sua città.
Ho letto la sua prolusione alla 59a assemblea generale della Cei (24-29 maggio 2009) e anche la sua conferenza stampa del 29 maggio 2009. Mi ha colpito la delicatezza, quasi il fastidio con cui ha trattato – o meglio non ha trattato – la questione morale (o immorale?) che investe il nostro Paese a causa dei comportamenti del presidente del consiglio, ormai dimostrati in modo inequivocabile: frequentazione abituale di minorenni, spergiuro sui figli, uso della falsità come strumento di governo, pianificazione della bugia sui mass media sotto controllo, calunnia come lotta politica. Lei e il segretario della Cei avete stemperato le parole fino a diluirle in brodino bevibile anche dalle novizie di un convento. Eppure le accuse sono gravi e le fonti certe: la moglie accusa pubblicamente il marito presidente del consiglio di “frequentare minorenni”, dichiara che deve essere trattato “come un malato”, lo descrive come il “drago al quale vanno offerte vergini in sacrificio”. Le interviste pubblicate da un solo (sic!) quotidiano italiano nel deserto dell’omertà di tutti gli altri e da quasi tutta la stampa estera, hanno confermato, oltre ogni dubbio, che il presidente del consiglio ha mentito spudoratamente alla Nazione e continua a mentire sui suoi processi giudiziari, sull’inazione del suo governo. Una sentenza di tribunale di 1° grado ha certificato che egli è corruttore di testimoni chiamati in giudizio e usa la bugia come strumento ordinario di vita e di governo. Eppure si fa vanto della morale cattolica: Dio, Patria, Famiglia. In una tv compiacente ha trasformato in suo privato in un affaire pubblico per utilizzarlo a scopi elettorali, senza alcun ritegno etico e istituzionale.
Lei, sig. Cardinale, presenta il magistero dei vescovi (e del papa) come garante della Morale, centrata sulla persona e sui valori della famiglia, eppure né lei né i vescovi avete detto una parola inequivocabile su un uomo, capo del governo, che ha portato il nostro popolo al livello più basso del degrado morale, valorizzando gli istinti di seduzione, di forza/furbizia e di egoismo individuale. I vescovi assistono allo sfacelo morale del Paese ciechi e muti, afoni, sepolti in una cortina di incenso che impedisce loro di vedere la “verità” che è la nuda “realtà”. Il vostro atteggiamento è recidivo perché avete usato lo stesso innocuo linguaggio con i respingimenti degli immigrati in violazione di tutti i dettami del diritto e dell’Etica e della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, con cui il governo è solito fare i gargarismi a vostro compiacimento e per vostra presa in giro. Avete fatto il diavolo a quattro contro le convivenze (Dico) e le tutele annesse, avete fatto fallire un referendum in nome dei supremi “principi non negoziabili” e ora non avete altro da dire se non che le vostre paroline sono “per tutti”, cioè per nessuno.
Il popolo credente e diversamente credente si divide in due categorie: i disorientati e i rassegnati. I primi non capiscono perché non avete lesinato bacchettate all’integerrimo e cattolico praticante, Prof. Romano Prodi, mentre assolvete ogni immoralità di Berlusconi.
Non date forse un’assoluzione previa, quando vi sforzate di precisare che in campo etico voi “parlate per tutti”? Questa espressione vuota vi permette di non nominare individualmente alcuno e di salvare la capra della morale generica (cioè l’immoralità) e i cavoli degli interessi cospicui in cui siete coinvolti: nella stessa intervista lei ha avanzato la richiesta di maggiori finanziamenti per le scuole private, ponendo da sé in relazione i due fatti. E’ forse un avvertimento che se non arrivano i finanziamenti, voi siete già pronti a scaricare il governo e l’attuale maggioranza che sta in piedi in forza del voto dei cattolici atei? Molti cominciano a lasciare la Chiesa e a devolvere l’8xmille ad altre confessioni religiose: lei sicuramente sa che le offerte alla Chiesa cattolica continuano a diminuire; deve, però, sapere che è una conseguenza diretta dell’inesistente magistero della Cei che ha mutato la profezia in diplomazia e la verità in servilismo.
I cattolici rassegnati stanno ancora peggio perché concludono che se i vescovi non condannano Berlusconi e il berlusconismo, significa che non è grave e passano sopra a stili di vita sessuale con harem incorporato, metodo di governo fondato sulla falsità, sulla bugia e sull’odio dell’avversario pur di vincere a tutti i costi. I cattolici lo votano e le donne cattoliche stravedono per un modello di corruttela, le cui tv e giornali senza scrupoli deformano moralmente il nostro popolo con “modelli televisivi” ignobili, rissosi e immorali.
Agli occhi della nostra gente voi, vescovi taciturni, siete corresponsabili e complici, sia che tacciate sia che, ancora più grave, tentiate di sminuire la portata delle responsabilità personali. Il popolo ha codificato questo reato con il detto: è tanto ladro chi ruba quanto chi para il sacco. Perché parate il sacco a Berlusconi e alla sua sconcia maggioranza? Perché non alzate la voce per dire che il nostro popolo è un popolo drogato dalla tv, al 50% di proprietà personale e per l’altro 50% sotto l’influenza diretta del presidente del consiglio? Perché non dite una parola sul conflitto d’interessi che sta schiacciando la legalità e i fondamentali etici del nostro Paese? Perché continuate a fornicare con un uomo immorale che predica i valori cattolici della famiglia e poi divorzia, si risposa, divorzia ancora e si circonda di minorenni per sollazzare la sua senile svirilità? Perché non dite che con uomini simili non avete nulla da spartire come credenti, come pastori e come garanti della morale cattolica? Perché non lo avete sconfessato quando ha respinto gli immigrati, consegnandoli a morte certa?
Non è lo stesso uomo che ha fatto un decreto per salvare ad ogni costo la vita vegetale di Eluana Englaro? Non siete voi gli stessi che difendete la vita “dal suo sorgere fino al suo concludersi naturale”? La vita dei neri vale meno di quella di una bianca? Fino a questo punto siete stati contaminati dall’eresia della Lega e del berlusconismo? Perché non dite che i cattolici che lo sostengono in qualsiasi modo, sono corresponsabili e complici dei suoi delitti che anche l’etica naturale condanna? Come sono lontani i tempi di Sant’Ambrogio che nel 390 impedì a Teodosio di entrare nel duomo di Milano perché “anche l’imperatore é nella Chiesa, non al disopra della Chiesa”. Voi onorate un vitello d’oro.
Io e, mi creda, molti altri credenti pensiamo che lei e i vescovi avete perduto la vostra autorità e avete rinnegato il vostro magistero perché agite per interesse e non per verità. Per opportunismo, non per vangelo. Un governo dissipatore e una maggioranza, schiavi di un padrone che dispone di ingenti capitali provenienti da “mammona iniquitatis”, si è reso disposto a saldarvi qualsiasi richiesta economica in base al principio che ogni uomo e istituzione hanno il loro prezzo. La promessa prevede il vostro silenzio che – è il caso di dirlo – è un silenzio d’oro? Quando il vostro silenzio non regge l’evidenza dell’ignominia dei fatti, voi, da esperti, pesate le parole e parlate a suocera perché nuora intenda, ma senza disturbarla troppo: “troncare, sopire … sopire, troncare”.
Sig. Cardinale, ricorda il conte zio dei Promessi Sposi? “Veda vostra paternità; son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle troppo … si fa peggio. Lei sa cosa segue: quest’urti, queste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno avanti, vanno avanti… A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent’altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire” (A. Manzoni, Promessi Sposi, cap. IX). Dobbiamo pensare che le accuse di pedofilia al presidente del consiglio e le bugie provate al Paese siano una “bagatella” per il cui perdono bastano “cinque Pater, Ave e Gloria”? La situazione è stata descritta in modo feroce e offensivo per voi dall’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che voi non avete smentito: “Alla Chiesa molto importa dei comportamenti privati. Ma tra un devoto monogamo [leggi: Prodi] che contesta certe sue direttive e uno sciupa femmine che invece dà una mano concreta, la Chiesa dice bravo allo sciupa femmine. Ecclesia casta et meretrix” (La Stampa, 8-5-2009).
Mi permetta di richiamare alla sua memoria, un passo di un Padre della Chiesa, l’integerrimo sant’Ilario di Poitier, che già nel sec. IV metteva in guardia dalle lusinghe e dai regali dell’imperatore Costanzo, il Berlusconi cesarista di turno: “Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro” (Ilario di Poitiers, Contro l’imperatore Costanzo 5).
Egregio sig. Cardinale, in nome di quel Dio che lei dice di rappresentare, ci dia un saggio di profezia, un sussurro di vangelo, un lampo estivo di coerenza di fede e di credibilità. Se non può farlo il 50% di pertinenza del presidente della Cei “per interessi superiori”, lo faccia almeno il 50% di competenza del vescovo di una città dove tanta, tantissima gente si sta allontanando dalla vita della Chiesa a motivo della morale elastica dei vescovi italiani, basata sul principio di opportunismo che è la negazione della verità e del tessuto connettivo della convivenza civile.
Lei ha parlato di “emergenza educativa” che è anche il tema proposto per il prossimo decennio e si è lamentato dei “modelli negativi della tv”. Suppongo che lei sappia che le tv non nascono sotto l’arco di Tito, ma hanno un proprietario che è capo del governo e nella duplice veste condiziona programmi, pubblicità, economia, modelli e stili di vita, etica e comportamenti dei giovani ai quali non sa offrire altro che la prospettiva del “velinismo” o in subordine di parlamentare alle dirette dipendenze del capo che elargisce posti al parlamento come premi di fedeltà a chi si dimostra più servizievole, specialmente se donne. Dicono le cronache che il sultano abbia gongolato di fronte alla sua reazione perché temeva peggio e, se lo dice lui che è un esperto, possiamo credergli. Ora con la benedizione del vostro solletico, può continuare nella sua lasciva intraprendenza e nella tratta delle minorenni da immolare sull’altare del tempio del suo narcisismo paranoico, a beneficio del paese di Berlusconistan, come la stampa inglese ha definito l’Italia.
Egregio sig. Cardinale, possiamo sperare ancora che i vescovi esercitino il servizio della loro autorità con autorevolezza, senza alchimie a copertura dei ricchi potenti e a danno della limpidezza delle verità come insegna Giovanni Battista che all’Erode di turno grida senza paura per la sua stessa vita: “Non licet”? Al Precursore la sua parola di condanna costò la vita, mentre a voi il vostro “tacere” porta fortuna.
In attesa di un suo riscontro porgo distinti saluti.
Genova 31 maggio 2009
Paolo Farinella, prete
Vi regalo questo mio quadro di parole,la felicità è anche dentro una pennellata della vita.
L’abitacolo angusto di una macchina ….dolcissime e struggenti le note di “Le 4 stagioni “ di Vivaldi “piano piano mi prendono il cuore e accompagnano i miei pensieri.Dietro i vetri scuri degli occhiali da sole il ” mio” viaggio è possibile . Come un servizio fotografico iniziano gli scatti….
L’autostrada corre ….man mano il paesaggio cambia, alti palazzi e quartieri caotici e fumosi lasciano il posto a viste più pulite, più aperte …si scorge l’orizzonte ! Già l’orizzonte, sempre più raro ormai vederlo in città.Svincolo—–> la velocità cala, cambia la scena, mi ritrovo in strade diverse, entro in gallerie di fronde dove raggi come lance mandano dardi che ogni tanto mi trafiggono in un gioco di luci e ombre ed ecco …..navigare tra laghi gialli di girasoli, vedere colline patchwork in accostamento cromatico mirabile, scacchiere che hanno come pedine grosse ruote di paglia che vorresti rotolare giù per i pendiì, greggi sonnolenti, un contadino arrostito, un gruppo di cavalli eleganti, fieri e liberi al galoppo, iperbole di acqua girare…. mucchietti di tetti rossi, con un campanile come bandiera, incastonati come gemme sui fianchi delle colline e… a valle il fiume grigioverde scorre lento e una barca sembra seguire il suo ritmo.
Toccare la terra con le mie mani, sentire il profumo della vita che palpita in ogni sua forma, anche le pietre sembrano averne.
Ascolto e guardo:
il frastuono costante e assordante delle cicale, il volo leggiadro delle farfalle, il fermo sostare di una lucertola al sole e il suo repentino muoversi ad ogni calpestìo….l’andirivieni instancabile delle formiche, la disperazione agitata di uno scarabeo a pancia in sù ….il ronzìo delle api e il loro sparire dentro i calici delle corolle…le danze degli uccelli nel cielo…un gatto sonnacchioso…l’abbaiare vigile di un cane ….il merletto di un ragno…la maestosità di una mandrìa e il suo lento scampanìo.
Un concerto…sssssssssssssssss….se ascolto, sento tutti gli strumenti e poi …e poi la certezza che la musica non finirà neanche la notte ….quando tutto sembra dormire…ecco entrare in scena lucciole per far luce e applaudire grilli innamorati e ….nel buio più totale vedo che il cielo ha milioni di stelle …tante ….tante da provare commozione …e lei tonda ..sorniona …sorridente …splendente se la gode .
Tutto ciò mi dà gioia ..pace ..e mi sento parte integrante di essa .
Semplice 24giugno2009
C’è, nel nostro piccolo paese di Erocra (IM) una pasticceria industriale dalle peculiarità particolari.
Innanzitutto le dimensioni: copre una grande superficie, gli edifici che la costituiscono sono lucidi, coperti di specchi che non lasciano vedere dentro e mostrano fuori solo quello che si vuole.
Però, vi assicuro che i dolci che sforna sono prelibati. Oramai fornisce di prodotti tutta la penisola.
Quel che più risalta è l’organizzazione del lavoro. In un’azienda di tali dimensioni ci lavora un sacco di gente, tutti esperti che hanno messo da parte la creatività per consentirsi di avere un ruolo vicino al primo attore. Poi ci sono gli aiutanti pasticceri, gli impastatori, i frullatori, gli sbattitori, giù giù sino agli addetti alle pulizie, nonché gli addetti amministrativi. Cosi i 420 dell’organico diventano tre mila e oltre con l’indotto.
Il capo coordinatore, presidente di molte emerite associazioni, è esperto nell’arte di fare dolci. Per lo più si basa sui propri gusti e fa confezionare prodotti ben accetti al suo palato. Di tanto in tanto ha idee strane, ma i prodotti ideati vengono accolti sempre bene sui mercati, un successo insperato, in questi tempi di crisi, che dimostra la bontà dell’investimento.
C’è spesso chi fa notare che in una torta al cioccolato la buccia di limone non va bene, ma deve subito mangiarne una fetta di prova per capire che, se lo ha deciso il capo un motivo c’è (di norma nessuno ha il tempo di replicare, una rapida corsa al bagno fa comprendere la naturale necessità del prodotto). In ogni caso, sono milioni quelli che subito dopo, acquistano la torta anche a
costo di buttarla via. Acquisto consentito solo con carta di credito per garantire la tracciabilità
dell’operazione e per dimostrare di essere stati fedeli al produttore.
Vengono sfornati anche biscotti, cornetti e praline al cioccolato: servono per accontentare quelli che una torta intera non se la possono permettere o non la possono mangiare, in questo modo hanno l’illusione di partecipare al banchetto .In qualche caso, passato alle cronache, si è verificata la non conformità alle norme. Nel frattempo sono cambiate. Ora tutto è regolare. Una mano all’incremento produttivo la da anche il calendario con le feste, e come si sa, ad ogni festa è accoppiato un dolce particolare. Infine c ‘è la produzione dei dolci locali, come la sbrisolona a Mantova, il panforte a Siena, i cantucini a Firenze, i babà a Napoli, i cannoli a Palermo, Messina, Catania. Con i cannoli c’è stato qualche problema, la ricotta per i cannoli deve essere fatta sul posto per garantire la freschezza, si è provato con il congelamento ma il risultato non è stato esaltante. Alla fine il coordinatore capo ha lasciato una certa autonomia nella distribuzione dei prodotti nell’isola.
Qualcuno si è lamentato qua e la per la diversità di trattamento, ma si son dovuti accontentare di promesse ancora lontane da realizzare. In ogni caso, si sa, la speranza da l’illusione della possibilità. Investire nei sogni fa bene, e se si azzeccano i numeri giusti sai quante torte ci puoi comprare.
Popof 24giugno2009
Artemisia Gentileschi Artista indipendente
Si è sempre parlato in modo marginale del talento femminile, sia nel campo letterario che artistico. Se ci riferiamo, poi, a periodi molto lontani, e precisamente al Cinquecento, epoca in cui visse l’artista della quale parlerò, sarebbe stata un’onta grandissima, di “lesa maestà”, poiché la pittura era esclusivo appannaggio del mondo maschile.
Espressione della “pittura-donna” fu proprio Artemisia Gentileschi, nata a Roma nel 1593, che apparteneva, come il padre Orazio, alla corrente pittorica del caravaggismo.
La figura di questa artista in Italia è, purtroppo, ancora in penombra, mentre è molto più conosciuta ed apprezzata all’estero, soprattutto in Inghilterra, dove visse alla corte di Carlo I.
Figlia, come detto, del pittore toscano Orazio Gentileschi, Artemisia, fin dall’infanzia dimostrò un grande talento per la pittura, di gran lunga superiore a quello dei fratelli.. Dal padre apprese il disegno, il modo di impastare i colori e di dare lucenezza ai dipinti.
Aveva solo diciassette anni quando dipinse la sua prima opera: “ Susanna e i vecchioni”, oggi appartenente alla collezione Schönborn a Pommersfelden, che riflette lo stile del Caravaggio.
Artemisia crebbe con un carattere molto indipendente, volitivo, intraprendente, ed avvertì costantemente un grande desiderio di autonomia, nonostante avesse un rapporto morboso, anche se conflittuale, con il padre.
A diciotto anni subì uno stupro da parte del pittore Agostino Tassi, collaboratore del Gentileschi.
Il padre di Artemisia denunciò il Tassi che, dopo la violenza, non avrebbe potuto “rimediare” con un matrimonio riparatore, poiché era già sposato.
Il resoconto della testimonianza della giovane, al processo, è di una crudezza estrema:
“Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch’io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l’altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne”.
Artemisia subì un’ulteriore violenza ed umiliazione: fu sottoposta a tortura, perché ritrattasse le accuse al Tassi, (schiacciamento dei pollici… un supplizio crudele per una pittrice).
Lo stupratore se la cavò con una lieve condanna, poiché lo stupro non era considerato un fatto grave a quei tempi, ma una conseguenza “quasi naturale” nel rapporto tra un uomo e una giovane donna…..
Artemisia rimase profondamente segnata dalle violenze ed umiliazioni subìte e se ne ritroveranno le tracce nel suo capolavoro “Giuditta decapita Oloferne”, esposto a Firenze, nella Galleria degli Uffizi, dipinto nel 1612-1613. Il quadro raffigura una scena di violenza impressionante.
Un mese dopo la conclusione del processo, Orazio Gentileschi combina il matrimonio di sua figlia Artemisia con l’artista fiorentino Pietro Antonio Strattisi. La coppia si trasferì a Firenze ed ebbe quattro figli. Tuttavia, solo la figlia Prudenzia visse sufficientemente a lungo per seguire la madre nel ritorno a Roma e poi a Napoli.
Artemisia ebbe una vita assai movimentata e affascinante, ma anche costellata di insidie, che riuscì a superare grazie alla sua spiccata personalità, a un’ indomita volontà e all’eccezionale forza d’animo.
Durante il suo soggiorno a Firenze, ebbe un incoraggiante successo e seppe mantenere buoni rapporti con i maggiori artisti del tempo. Conobbe anche Galileo Galilei con il quale rimase in contatto epistolare anche dopo il periodo fiorentino.
Da Firenze si trasferì a Napoli, dove ricevette attestati di grande stima dal Viceré Duca d’Alcalà.
Nel 1638 Artemisia raggiunse il padre a Londra, alla corte di Carlo I, dove Orazio era diventato pittore di corte.
Padre e figlia, dopo molto tempo, si ritrovarono legati da un rapporto di collaborazione artistica.
Alle prime avvisaglie della guerra civile, nel 1642, Artemisia lasciò l’Inghilterra e ben poco si seppe dei suoi successivi spostamenti.
Si trovarono, in seguito, delle tracce di una sua ulteriore permanenza a Napoli, dove morì nel 1653.
Nonostante la discriminazione culturale, di natura sessuale, Artemisia fu una delle poche protagoniste femminili della Storia dell’arte europea. Essa diventò anche il simbolo del femminismo e della ribellione al potere maschile.
Elenco dei suoi principali dipinti:
-Susanna e i vecchioni – 1
-Susanna e i vecchioni – 2
-Giuditta decapita Oloferne
-Autoritratto, come allegoria della pittura
-Danae
-Giuditta con la sua ancella
-Autoritratto come martire
-Lucretia
-La morte di Cleopatra
Giovanna3.rm 23.06.2009
Come un fiore senza stelo, anche tu abbandoni quel cordone per incominciare a respirare da solo. Il primo pianto, il primo sorriso in questo mondo tutto da scoprire, attimi meravigliosi, tra gioie e dolori di chi ti ha nutrito e amato, per tanti mesi e oggi ti consegna alla vita! Quello che si prova è una gioia immensa, come’è immenso l’amore che si nutre per questa creatura che viene alla luce. La sua piccola presenza fa brillare questa stanza, e il nostro cuore entra in fibrillazione. Il tuo sguardo si perde tra quei visi, cerchi in loro una parola, un’espressione, anche minima, che dissipi questo dubbio che ti assale ma, ad un suo lamento, ad un suo piccolo gemito, ti lasci andare in un pianto di liberazione e di piacere. Tutto è finito! L’hai nutrito e portato in te con tanto amore, nella speranza che questa piccola creatura cresca sana e felice e che abbia fortuna, in questa vita tutta da scoprire.
domenico.rc 23.06.2009
La settimana in Internet, con Eldy , a ROMA!
Il 25 e 26 ELDY prende parte alla settimana interned di ROMA: Eldy sarà presente al gazebo presso Galleria Alberto Sordi. Ci saranno alcuni volontari dell’Associazione e… voi tutti!
Enrico Neri di Eldy parteciperà all’appuntamento del 25 giugno pomeriggio, dedicato ai senior, ospitato dal Centro anziani di Monterotondo: con Enrico Neri anche Piergiorgio Bellocchio e di sua madre Gisella Burinato si parlerà delle potenzialità delle rete per i silver surfer.
Appuntamento pertanto a Roma il 25 e 26! vi aspettiamo!
Le passo a fianco ogni giorno e ascolto il suo sonno, il suo canto.Gorgoglia leggera, e a volte se grassa, s’infrange sull’esile ponte.
Barry, abbaiando, si tuffa, la beve, odora il profumo dell’acqua che bagna il terreno.
Anatre ai bordi covan le uova. Passeri, colombacci, cincie e altri alati le fanno il coro col canto.
Le foglie si piegano ad accarezzarla. Gli occhi s’abbassano a guardarla.
Frescura estiva ritrovata, cambia colore al mutare del tempo, tingendosi bionda se a monte diluvia.
Un giorno, due giorni poi ecco mostrare il letto di sassi che l’ospita.
Porta la vita ai campi vicini e se danni ne fece, in tempi passati, nessuno ricorda.
Acqua che scorre, che freme, che trema. Apprezzata, curata, tenuta pulita.
Giovani umani intanto la scoprono. Li vede passare e a volte tornare.
Primavere che iniziano, passano e tornano con nuove vite vicine.
Acqua che gioca col vento e s’increspa, saltella. Acqua che gioca col sole si scalda e manda scintille.
Cerchi di pioggia si mischiano alle righe di fango calate dai bordi.
Poi quando le bionde signore del bosco han lasciato cadere le ombre per terra, si copre di neve o di ghiaccio e aspetta che il tempo, ancora una volta, le rimandi la forza di passare tra case e campagne assetate a rifare il suo solito giro.
Popof 22 Giugno 2009