Ricordate…
sono quasi le 4 del mattino del 21 luglio, sono con amici e parenti a Roma e fa caldo, ma non abbiamo sonno, siamo stati svegli tutta la notte davanti ad un televisore grosso e tozzo e in bianco e nero…
Una grande eccitazione ci ha preso, si apre lo sportello… e Armstrong scende….
21 luglio 1969 alle 3:56 (ora italiana), l’astronauta Neil Armstrong che partecipa alla missione spaziale Apollo 11 esce dal modulo lunare “Eagle” e posa, per la prima volta, il piede sulla luna.
Pronuncia allora una frase che resterà scolpita nella nostra storia: “One small step for man, one giant leap for mankind.” (Un piccolo passo x l’uomo, un gigantesco balzo x l’umanità).
L’avvenimento è ritrasmesso dalle televisioni di tutto il mondo; nella notte tra il 20 e il 21 luglio più di un miliardo di telespettatori ha atteso ed ora ascolta trasecolato le prime impressioni di Amstrong. E un quarto d’ora più tardi Edwin “Buzz” Aldrin, lo raggiunge in questa passeggiata che ha dell’incredibile.
È una grande emozione quella che abbiamo vissuto.
Poi oltre all’impresa tecnica e poetica, il programma Apollo ha portato delle conseguenze pratiche sia nello studio, molto più approfondito del nostro satellite, che nell’uso quotidiano di nuove tecnologie.
La luna ha sempre esercitato un fascino romantico, i poeti si sono appellati a lei come se fosse una maga, come se dall’alto li potesse aiutare e l’hanno spesso personalizzata. I pittori l’hanno dipinta in tutte le sue forme. E in musica è stata cantata infinite volte.
In letteratura la luna è stata invocata da migliaia di poeti: Petrarca, Leopardi (Che fai tu luna in ciel?/Dimmi, che fai,/Silenziosa luna?/ Sorgi la sera, e vai,/ Contemplando i deserti; indi ti posi…)
Cyrano de Bergerac,
John Keats (Tender is the night…: Tenera è la notte,/ e casualmente la Regina-Luna è sul suo trono/ racchiusa tra le sue fate fulgide come stelle…),
Shelley (Sei pallida perché/ sei stanca di scalare il cielo/ e fissare la terra…)
anche Verne con il suo “Viaggio dalla terra alla luna”
E vi ricordate le canzoni…
Moon River dal film “Colazione da Tiffany” con Audrey Hepburn; Blue Moon cantata da Elvis Presley;
Guarda che Luna di Fred Buscaglione;
l’allegra e divertente Tintarella di Luna di Mina;
Fly Me To The Moon di Frank Sinatra…
Poi il “miracolo” si è prodotto davvero e tutte le leggende sono diventate realtà e l’uomo andò sulla luna.
Quanti di noi hanno vissuto la notte dello sbarco sulla Luna nel 1969, seguito in tv le immagini e la cronaca del primo passo di un uomo sulla superficie lunare?
Torniamo tutti indietro, almeno col pensiero…
Che ricordi avete?
Dove vi trovavate?
Con chi avete seguito l’evento?
Quali emozioni avete provato allora e quali oggi a 40 anni da quella data storica…
Questa è storia della nostra esistenza vissuta minuto per minuto; ed è storia bella, che riporta molti di noi a quando eravamo ancora dei ragazzi con 40 anni di meno.
Vi ripropongo il video del primissimo allunaggio della missione dell’Apollo11!
Neil Armstrong è stato il primo uomo a mettere piede sulla luna e a dire le parole ora leggendarie: “One small step for man, a giant leap for mankind”.
Paolacon 20 luglio 2009
Vi regalo queste parole di Salvatore Borsellino( fratello di Paolo).Questa non deve essere una manifestazione qualsiasi, deve essere quella scintilla che dovrà provocare un incendio nella massa amorfa di chi non sa, non si rende conto del baratro in cui è precipitato il nostro paese. E’ la nostra ultima occasione o dobbiamo rassegnarci a vivere in un paese di schiavi. E non basterà neanche partecipare, bisognerà che ciascuno di noi si attivi al massimo delle proprie possibilità perché questa manifestazione abbia il massimo della partecipazione e il massimo della risonanza. O sarà ancora una occasione sprecata. E non credo che possiamo permettercene ancora”.
Ricordo che, prima di morire, Paolo Borsellino dichiarò: “Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri”. Chiediamo che CHI sa permetta di assicurare questi ALTRI, menzionati dal Giudice Borsellino, alla Giustizia. E chiediamo, anzitutto, che l’Agenda Rossa sia consegnata nelle mani dei Familiari di Paolo, perché si faccia luce sulle ombre che avvolgono la nostra storia recente.
Da parte nostra, noi manifestiamo perché non vogliamo vivere in un paese di schiavi, e, soprattutto, non vogliamo che ci vivano i nostri Figli. Fare respirare loro “quel fresco profumo di Libertà” dipende da tutti noi…”
“Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una sola volta”. ( Giovanni Falcone)
Semplice 18luglio2009
La strada s’inerpica forte a tagliarti il respiro e le gambe. Si sale. Anche il sudore sa di sale. Il bosco con la sua frescura accarezza la pelle.Tra odori e rumori, senti il respiro degli altri e i pensieri farsi parole. Tira a salire. Ti volgi un momento e il compagno vicino ti volge uno sguardo che dice “si va”. Non c’è la guida in questo mattino. Cerchiamo il sentiero tra felci e mughetti. “No torniamo giù, la strada è sbagliata”. Ma sempre testardi cerchiamo uno spunto per tornare a salire.
“Ma dai si sale, si vede qualcosa.” “Aspettate vado a vedere.” Una carrareccia si snoda nel bosco. “Avanti di qua. C’è un segno, e un altro laggiù”. Così comincia l’ennesima avventura tra boschi che presto lasceranno il posto a pascoli e pietre. Lasciati i mille (metri) alle spalle, ci si avvia sicuri: le carte (topografiche) parlano chiaro, si svolta si sale e poi la carrareccia diventa sentiero .
Son passati pochi minuti. Il fiato si è fatto leggero. Gli scarponi macinano sassi mischiando foglie e fanghiglia. Si sale. Qualcuno comincia a cantare. Picchiettano i picchi per farsi un nido tra i faggi. Api e farfalle si contendono i fiori. Ancora profumi. Poi il bosco di larici scivola via e sai che stai andando oltre. Rimangono alpeggi in successione che cambiano nome e si chiamano malghe. Lontana lontana, una chiesa raduna i suoi amici. Vicina una mucca raduna i vitelli. Ormai la fatica è un ricordo passato. Una volta che il fiato si è aperto ti muovi di slancio con una forza che credevi perduta. Tra i sassi scopri corolle di fiori: la vita attecchisce dove non penseresti ci fosse possibilità.
Dalla partenza sono trascorse due ore. Scivolate via come sabbia in una clessidra che, svuotando l’ampolla superiore riempie di vita quella più bassa. Volgendosi indietro si sa che si va ancora più su. Ancora 90 minuti ti dice il segnavia e il passo Varicla è tuo.
I larici ormai han lasciato posto a cespugli di rododendri e il fischio delle marmotte taglia l’aria a segnalare allarme: “arrivano i bipedi nemici” e ti rendi conto che la cecità di pochi te la porti stampata nel DNA degli animali selvatici.Al passo arrivi un po’ stanco. Pochi minuti e hai ripreso tutte le forze. Sei oltre i 2000, hai camminato 215 minuti in salita e ti chiedi “perché”? Ti rispondi riempendo la mente d’immagini ed esplosivi silenzi. Come è possibile che tutto quello che racchiudono gli occhi, il suo ricordo, vada perduto?
*parola inesistente: mia libera invenzione fonetica.
Popof 16luglio2009
http://www.youtube.com/watch?v=WnT_95mRdyM
Il lavoro, oltre che una punizione divina, rappresenta per ognuno di noi una parte molto importante della vita, sino a diventarne parte integrante, sino ad essere identificabili con il lavoro che si svolge e, quando il lavoro cessa una parte di noi è cancellata e in tanti si finisce in uno stato che rasenta la depressione. Veniamo educati sin da piccoli a pensare al lavoro come qualcosa di utile e necessario. Non di rado ho letto sul quaderno di scolari figli di amici “bravo hai lavorato bene” o “oggi hai lavorato male”, e a un certo punto mi son chiesto “ma la maestra sa che i bambini vanno a scuola non per lavorare ma per imparare?”. Certo che lo sa, ma anche la maestra, e dai oggi e dai domani, finisce per usare i termini correnti delle relazioni sociali. E’ anche vero che i bambini si sentono entusiasti di fare qualcosa di utile: resta il fatto che sbagliamo noi grandi a chiamarlo lavoro. Perché sbagliato? Perché il lavoro è qualcosa che inizialmente è stato inflitto come castigo divino. Ecco già una contraddizione: a catechismo diciamo ai bambini della punizione di Adamo e poi, a nostra volta diciamo “bravo” al bambino che ha “lavorato” bene, è come dirgli “hai conquistato la benevolenza divina” , o l’opposto se non si è impegnato. Non mi risulta che Dio abbia detto che lavorando si sarebbe conquistato il paradiso, solo la sopravvivenza, per l’eden le cose da fare e non fare, sono altre. Quindi cresciamo con un’idea del lavoro staccata dalla realtà, pensando che il lavoro sia tutto nella vita e non una mera necessità. Difatti quanto è il tempo che durante la vita dedichiamo al lavoro “produttivo”? Se togliamo il tempo da dedicare al sonno e al tempo libero ne resta solo il 33%, un altro 10% è da eliminare per il riposo settimanale. Alla fine su 168 ore di vita a settimana, noi occidentali, ne dedichiamo al lavoro al massimo 40 (poco meno di ¼). Ora sembra fuor di dubbio che, settimanalmente, fatte salve le ore di sonno, le ore a disposizione sono almeno 86. Chi ci educa ad utilizzarle appieno queste ore? Cosa ne facciamo? Si le faccende domestiche, la cura dei figli, i lavori di riparazione casalinga, le cure mediche e tutto il resto, ma quando siamo in un letto di ospedale ad esempio che facciamo? Continuiamo a girare intorno ai nostri pensieri paranoicamente, poi alla fine apriamo un libro o un giornale e cerchiamo di dare vita al tempo “fermo”. Insomma o diamo vita all’ozio creativo o finiamo nello scoramento. Da quando ho rotto una caviglia, anni fa, porto sempre con me almeno un libro che, qualora finissi inaspettatamente all’ospedale, mi permetta di volare stando a letto. Nella vita di tutti i giorni ci sono altri modi per occupare il tempo libero, come suonare, scrivere, incontrare, viaggiare. Poi c’è il modo di prestare il proprio tempo a chi non può far da se, comunemente chiamato “volontariato” e le possibilità sono tante visto il bisogno di chi non può far le cose elementari da solo. Oppure mettere a disposizione il proprio sapere, la propria conoscenza, a favore di chi si affaccia al mondo del lavoro. Insegnare a tenere un libro contabile, o a piallare o utilizzare un computer, riparare un ferro da stiro. Trovare la forza di guardare oltre l’uscio di casa per scoprire che i nostri vicini fanno fatica a portare i figli a scuola e poi correre in Ditta, che il signore del palazzo di fronte ancora non ha imparato a stirare i pantaloni da quando è vedovo. Che Maria deve andare a fare la spesa e non ha nessuno che la porti al discount dove risparmierebbe qualcosa sulla povera pensione . Che…… Bisogna reimparare a viversi dentro e fuori . Non dimentichiamo che due solitudini quando entrano in contatto diventano sempre una compagnia.
Popof 15luglio2009
http://www.youtube.com/watch?v=fe1rZ4-_XGA
“Si tu puoi” dice Barak Obama dal Ghana, e come non pensare a quel “Times they are a changin” (i tempi stanno cambiando) di Bob Dylan che, ha forgiato nel suo piccolo un pò la nostra etica, il nostro sogno.Si è concluso il G8 de L’Aquila, la vita continua e l’Africa entra prepotentemente in casa nostra attraverso visioni di speranza sulla scia del Presidente USA.Per un attimo non abbiamo la visione di gommoni stipati di gente che tenta di sfuggire alla fame, vediamo città stipate di uomini, donne, bambini che ha fame di futuro. L’altro ieri nel messaggio al mondo B.Obama tra l’altro aveva detto “… all’Africa quel che manca non è la terra, mancano i mezzi per garantire il raccolto”. L’ho anche scritto nel mio articolo. Devo dire che nessuno dei commenti ha centrato questa frase che sembra leggera ed invece nasconde una tremenda realtà: si fanno guerre per il possesso della terra, si uccide per essa, e ci si dimentica che la terra per dare frutti va coltivata, i frutti raccolti, i semi conservati e pronti ad essere nuovamente seminati per garantire la vita.
Lo scetticismo ci porta a dire “le guerre non finiranno mai”, altri diranno “quanti disoccupati in più se le fabbriche d’armi chiudono”.Non è vero. L’Europa è stata travagliata dalle guerre. Oggi, nel bene e nel male, abbiamo un’Europa allargata a 27 paesi in pace. Gli stati fondatori non guerreggiano tra loro dal 1945, muri son caduti e frontiere eliminate.
Quindi la “pace” si può costruire, e le fabbriche riconvertire. Sperare in un mondo di pace è utopia? Da secoli quest’utopia accompagna l’uomo, immancabilmente vengono riesumati scheletri che le scatenano, e a costo di ripetermi, voglio ricordare che una guerra non si fa mai per il futuro ma per il passato, per i rancori non sopiti che ci si porta appresso. Occorre estirpare le ragioni dell’odio ad ogni livello e questo può essere fatto educando i nostri figli al rispetto dell’altro, all’amore per l’altro, non importa quanto distante. Occorre mantenere cosciente che l’unica realtà è la contemporaneità con cui conviviamo su questo fragile e posente pianeta.Ecco un altro punto che ritengo importante, l’essere coscienti che noi, noi tutti viviamo contemporaneamente questo giorno, in situazioni diverse, chi gioiosamente, chi in sofferenza,in ogni caso, noi tutti abbiamo o abbiamo vissuto i due momenti estremamente opposti.Eppure occorre trovare sempre la forza di trarre gioia, anche dalla sofferenza. La serenità d’animo può portare a conquistare sempre la propria gioia. Occupandosi delle cose non preoccupandosene.
Yes you can, the time they are a change. (si puoi farlo, i tempi stanno cambiando). Unisco le due frasi simbolo di queste righe di riflessioni sperando di aver dato a chi ha letto una piccola dose di speranza condivisa.
Popof 12luglio2009
Dopo che avevo scritto, intorno alle 15,00 di ieri (9 luglio) a un’amica “visto B. ha ottenuto un bel risultato, ha allargato il G8, e a Pittsburg dove si discuterà di clima oltre che di economia ci sarà un G14. Tutto va bene. Saggia decisione quella dei NO-Global a non fare manifestazioni durante il vertice”. Quest’ultima notizia l’avevo appresa lunedì a un dibattito pubblico a cui partecipava un giovane in rappresentanza della città de L’Aquila, e la mia cara amica ieri sera rispondeva:
“Stasera mi sono indignata a guardare il tg1, un servizio interminabile sul G8, solo il 10% verteva sulle tematiche affrontate (lotta al riscaldamento globale…le emissioni di gas verranno dimezzate fra 40 anni, crisi economica globale, aiuti all’Africa,(la fame nel mondo, che dovrebbe essere in cima all’agenda dei leader,scivola sempre più in fondo, l’Italia detiene il primato negativo di aiuti: lo 0,11%del Pil contro l’impegno di portarlo allo 0,39 entro il 2006 ), provvedimenti verso l’Iran,… il restante 90% era uno show…reportage fotografici, Obama che in maniche di camicia gioca a palla, Berlusconi che ride sardonicamente, Clooney che ruba la scena e strappa sorrisi e baci, caroselli di macchine elettriche spaziali, la pacchiana e pesantissima strenna che il padrone di casa ha offerto come cotillion a tutti gli ospiti (24 kg tra marmo di Carrara, carta fatta a mano, seta e fili d’oro con 24 foto delle opere di Canova, certo i presidenti non viaggiano su aerei di linea quindi non hanno il problema del peso dei bagagli), passerella sugli alloggi, riprese di interni, di eleganti camere, come si riesce a trasformare una caserma in un hotel a 5 stelle!, poi la tavola della cena di stasera offerta dal presidente Napolitano, solo la tovaglia pregiatissima di manifattura e firmatissima valeva una fortuna, l’apparecchiatura con argenti e cristalli e ….chissà il menù…e le first ladies!…tutto ciò nella magnifica cornice de L’Aquila devastata e della sua gente dentro le tende. No Popof …io non mi illudo …solo spettacolo, solo parole che si dimenticheranno presto…i bambini in Africa continueranno a morire,centinaia di migliaia di persone saranno sterminate dalla fame, dalle malttie, dalla povertà, la nostra terra sarà sempre più maltrattata, inquinata, violentata…. e il mondo resta a guardare e aspetta. Troppo rumore per nulla. Non è così che si cambia “.
Ora è quasi finita. Tra poco partono tutti. A fine vertice rileggo le visioni di ieri e traggo le conclusioni.
Tanti impegni o meglio promesse che sanno tanto di gomma del ponte (sta prendendo il posto del muro, ad ogni tornata elettorale lo tirano furori e gli euri volano).
Quali sono gli impegni e le promesse scaturiti?
La costituzione di un fondo per combattere la fame nel mondo (è stata annunciata la costituzione ad hoc di comitati per la distribuzione dei soldi per non rischiare che finiscano nelle tasche sbagliate), l’impegno a darsi una normativa globale per il commercio, l’impegno a ridurre l’emissione di gas serra entro il 2050 (Insciallah), l’allargamento del G8 prima al BRIC (le 4 economie che trainano in questo momento il pianeta: Brasile, Russia, India e Cina, che con il loro 30% di PIL sfiorano quello degli otto grandi), eppoi ancora allargamento a G20, e se fosse stato per il padrone di casa avrebbe fatto le cose in grande G883, e un’unica legge per tutti “La dura legge del goal”.
L’intervento di B. Obama poco fa è stato tagliente. Ha ricordato al mondo che in Africa ci sono 1.000.000.000 di poveri affamati, a cui occorrerà fornire “Assistenza trasparente e riforme istituzionali per costruire l’indipendenza alimentare. Perché all’Africa quel che manca non è la terra, mancano i mezzi per garantire il raccolto”. Speriamo si ricordi pure del Molin di Vicenza.
Altra novità è stata Gheddafi che ha rinunciato alla tenda (forse temeva di essere confuso per aquilano, anzi aquilotto visto il clima), per alloggiare in una casa di mattoni (gli è andata bene, niente scosse di assestamento ieri notte).
Spero che mentre scrivo non ci siano incidenti alla manifestazione che prevede tre ore di marcia prima dell’arrivo a L’Aquila. Se incidenti ci saranno non saranno ad opera di chi è arrivato a piedi, ma causati da qualcuno sceso vicino all’arrivo da un qualche automezzo, la fatica di una marcia quieta sempre gli animi, e la strada non è certamente in discesa.
Intanto un grazie agli aquilani che attraverso striscioni e una gigantesca scritta “yes y camp” sui fianchi di una collina han ricordato dignitosamente al mondo il loro stato mentre sulle strade limitrofe passavano le auto di rappresentanza.
Che bello poi vedere l’impegno adottivo di monumenti cittadini, da parte dei vari Stati, per consentire una rapida ricostruzione. Se il governo di allora avesse pensato la stessa cosa per il Belice forse le cose sarebbero andate diversamente e non pagheremmo ancora l’accisa sulla benzina.
Che fine faranno tutte quelle semicoppe di polistirolo con il logo G8, lungo l’ultimo tratto di percorso a dare il benvenuto agli ospiti? Tutte le telecamere di mezzo mondo le hanno inquadrate (mancavano solo gli sponsor), le metteranno all’asta insieme alla tovaglia della cena?
La novità sono stati il G8 young e il G8 tenegeers, è mancato il G8 baby: se son rose fioriranno.
Intanto un’idea la lancio io: a novembre, quando la temperatura di notte scende a -8, perchè non usare anche la caserma Coppido per alloggiare gli ultimi 13.000 che saranno ancora in tenda?
Popof & Semplice 10 Luglio 2009
http://www.youtube.com/watch?v=sSAffcX9EVQ
Dopo aver letto lo show di Matteo Salvini con i suoi cori razzisti nei confronti dei meridionali , ed in particolar modo verso i napoletani, un buon cittadino partenopeo come me non puo’ fare a meno di esprimere ed esternare qualche considerazione in merito……Questi personaggi ,infatti, credono di godere , oltre all’immunita’ parlamentare, anche quella morale, fisica, circostanziale, monopolizzandosi il diritto della ragione e del sapere….In piu’ il controllo supremo della volonta’ del signore su chi catapultare le catastrofi, le epidemie, e persino la pace eterna….Ma , se volessimo, ragionando per assurdo ed in linea con le loro folli teorie, scopriremmo alcuni aspetti da prendere in considerazione. : costoro che la pensano cosi, mostrano una particolare simbiosi tra mente e corpo; voce rauca , metallica e distorta, goffaggine nel tratto e nel portamento, incompatibilita’ di espressione, condivisione e apertura al di fuori del binario unilaterale univoco. .Come difendersi da costoro?…….Tramite la consapevolezza di avere a che fare con nullita’ di spessore minore della piu’ piccola parte di un atomo, ma che” ahime’” riescono ad ottenere vaste condivisioni ed alleanze con coloro i quali furbescamente non possono fare a meno, dopo l’analisi attenta di una palese ed eclatante offesa lesiva della dignita’popolare, di prenderne le dovute distanze, fino a quando le acque non si placano…Questi errori, orrori possono essere corretti…dalla consapevolezza che le loro osservazioni, idee e definizioni viaggiano su binari morti, deragliati sull’orlo di un precipizio, ove giu’ non c’e’ neanche il piu’ pallido ramo secco.che sia disposto a farsi bruciare per loro……….
Luigi4lc7.lc 9luglio2009
Che emozione quel giorno. Ero a casa in licenza, pranzavamo con la tv accesa a seguire quella sedicesima votazione e tra un boccone e l’altro giunge la voce di Pietro Ingrao che legge i nomi sulle sulle schede, lo speaker dice “quorum raggiunto”: sappiamo così che Sandro Pertini sarà il nuovo Presidente della Repubblica.
Da non crederci. Avevamo ancora la TV in B&N e il mondo tornava a colorarsi. Erano momenti difficili, qualche mese prima l’assassinio di Aldo Moro, i soldati di leva come me, nelle strade per la caccia ai terroristi.Lo Stato reagiva, si compattava anche nel voto e portava alla massima carica uno dei figli migliori di questa lingua di terra stesa tra l’Europa e l’Africa.Non voglio ricordare la figura, solo il giorno, un giorno particolare come solo in estate ce ne sono, giorni che cambiano la vita e il corso degli eventi. Guerre e rivoluzioni si iniziano in estate per aver condizioni climatiche favorevoli, ma quell’8 luglio no, c’era aria di primavera. Da li a poco, per la prima volta nella storia Roma avrebbe avuto un Papa dei paesi dell’est, un Sindaco Comunista e un Presidente della Repubblica Socialista: da non crederci, cortine mentali che cominciavano a crollare. Anche questa allegorica coincidenza è stata una casualità della storia?
Oggi quel che mi importa ricordare è l’elezione alla massima carica dello Stato di un uomo che era stato in galera per delle idee, un giusto, un intellettuale accusato dal fascismo di essere istigatore all’odio tra le classi sociali, di aver commesso il reato di di “stampa clandestina”, e altro ancora. Che venne condannato ad otto mesi di reclusione e al pagamento di un’ammenda. Che, con l’entrata in vigore delle leggi fasciste fu confinato nell’Isola di Santo Stefano, da dove fuggì clandestinamente in Francia. Non era solo, altri clandestini erano con lui, o erano come lui, voglio ricordare solo i socialisti Filippo Turati e Carlo Rosselli. Rientra in Italia con passaporto falso e viene ancora arrestato.
Mi fermo qui, tutta la sua storia è sui libri e, per noi informatizzati, c’è anche internet. Oggi mi chiedo cosa direbbe se fosse in vita? Lui che fu clandestino e perseguitato politico, che direbbe delle leggi varate di recente? Buon per molti suoi ex compagni di partito, diventati nel frattempo portavoce filogovernativi, che il contatto con l’aldilà sia ossibile solo attraverso le indulgenze, che in ogni caso rimangono tra i vivi. Se qualche esternazione giungesse all’aldiqua che cosa titolerebbero Igiornali? C’è chi va ancora a caccia, accusando chi ha alti ideali di dignità umana e civile, di essere mangiatori di bambini, si inventano accuse che stanno solo nella loro testa mentre sanno che sono colpe proprie.Accusano chi pensa in maniera diversa di cospirazione, di ingiuria, di vilipendio e Dio sa quant’altro: un modo obsoleto di difendersi attaccando. Orbene, forse sarebbe ora che imparassero a vedere senza scrollar la testa.Il movimento rotatorio del capo rende la visione deformata, il cervello interpreta erroneamente i segnali che gli ungono.
Forse è ora di dire basta: l’Italia il 07/08/1978 suonò una sveglia, mille dita han fatto a gara per far tacere il campanello, ma han dimenticato di tirar via la chiave che da la carica, e la sveglia, stancamente, suona ancora.
popof 8 luglio2009
Adesso non vi parlerò dei grandi viaggi di quelli che occasionalmente una volta l’anno o più spesso mi portano lontano, o all’estero …. vi racconto dei miei viaggi quotidiani…In questa frenetica smania mi perdo, in sintonia con tutti i movimenti del cosmo mi muovo anch’io.
Ogni mattina apro le finestre, scruto il cielo,sento il vento,mi guardo dentro e……riempio la mia valigia.
E in questa mia valigia sempre, sempre, sempre capi indispensabili, irrinunciabili :
fantasia, sorrisi, comprensione, curiosità, stupore, incanto, allegria, meraviglia, indignazione, disponibilità, sete di conoscenza, forza, cuore, sogni, magia..
Viaggio senza un soldo in tasca, non mi servono: i miei treni, i miei aerei, le mie navi, le mie carrozze sono gratis e magici ….anche se li perdessi ripasserebbero più volte .
Ed ecco perdermi in un paesaggio di campagna, in un fumoso quartiere di città, su delle nuvole rosa, sulla bianca luna, a sentire la musica del vento, a dondolare su una stella, nel rapimento di un tramonto ..
Approdare in un viso di un bambino, nella soffernza di uno sguardo, nel contagio di una risata, in un incontro ostile,tra le rughe di un anziano, a bere lacrime e sale, nella carezza di un sorriso, in un caldo abbraccio …
Arrampicarmi tra le pieghe del dolore, sull’orlo dei precipizi della paura, nelle grotte del dubbio,nei labirinti dell’incertezza, nell’alba di una speranza, nella soluzione di un ‘incognita, nel calice della condivisione, in un lungo respiro liberatorio…
Cavalcare l’onda più alta della rabbia per l’ingiustizia, della passione di un’idea e della fatica di coltivarla, della gioia di un risultato, dell’amarezza di una sconfitta ma crederci ancora…
Correre a piedi nudi in un campo coltivato solo d’illusione, in un sogno mai diventato realtà, nelle ferite del disincanto, in un esaltante volo a planare e nella più misera caduta, e come un aquilone aspettare ancora le correnti per risalire…
Sulla via del ritorno accarezzare la nostalgia nella rassicurante certezza che è bello partire ed è altrettanto bello ritornare a casa.
Vi assicuro che anche se a prima vista non sembrano viaggi, vi assicuro lo sono !!!.
E il segreto è…farli questi viaggi !!!!!
Non accontentarsi di sguardi fugaci e indifferenti: soffermarsi, entrare in loro, percepire….ed ecco il viaggio è possibile !!!!!
Semplice 7luglio2009
Ancora un incontro di Primi Ministri, Presidenti, Cancellieri e relativi entourage, al capezzale dell’economia globale in crisi.
La prendo per buona e accetto il conio del termine: crisi.
E questo è un guaio perché significa che ancora dopo svariati incontri, tra G4-G5-G6 ecc. che sembrano più le chiamate di una battaglia navale in cui i colpi finiscono in acqua e mai che ci sia uno che gridi “colpito” (ma che stia zitto quel cassintegrato che non sa nuotare) “affondato” (che taccia il pensionato che voleva andare in crociera con la social card) gli specialisti sembra non abbiano in mano ancora la diagnosi.
Si parla di crisi, non una malattia. Se non c’è diagnosi non può esserci prognosi (a meno che non sia riservata), e allora perché riunirsi in consulto? Per vedere gli effetti delle cure trascorse? Certo che se le cure fossero efficaci vorrebbe dire che qualcuno ci ha azzeccato scoprendo la malattia.
Intanto si azzardano delle ricette presentando dodici tavole, due in più di Mosè che scalò un monte per averle, oggi di monti ne portano al tavolo tre, e noi a sperare in un piano che elimini o limiti i Paradisi Fiscali, perché è risaputo che nell’Eden non si pagano le tasse e qualcuno si prepara già in terra, lo vogliamo scomunicare?
Dopo le parole domenicali del Papa si spera anche in un ‘etica dell’economia, in una frenata della caccia al guadagno facile e veloce. Ma noi comuni mortali, al massimo possiamo sbuffare, brontolare o sfilare con cartelli e stoffe colorate appese ai legni, augurandoci di non essere presi a bersaglio da pallottole vaganti e manganelli schermati da scudi in plexiglas. Possiamo sperare che le parole del Vescovo di Roma vengano ascoltate e che possa cominciare una nuova era, in cui l’uomo e non il denaro siano al centro dell’economia globale.
Ci crediamo? Ci speriamo.
Intanto a L’Aquila la terra trema ancora, e una caserma grande come una città rischia di aver fatto solo da specchio per qualcosa che si svolgerà altrove, perché anche la caserma aquilana non è la città, è un’isola in mezzo a palazzi sventrati, con la gente nelle tende contenta e felice di veder sfilare auto con autista, gipponi e cellulari, gente con l’auricolare ad ascoltare cosa han da cantare i passeri solitari, e che peccato quando andranno via lasciando qualche quintale di spazzatura.
Una rondine non fa primavera, men che meno una passeggiata sulla terra mobile, come fosse un tapis roulant.
Inutile anche protestare. Per cosa? Perché si son fatti i marciapiedi con l’asfalto verde allo scopo di illudere i telespettatori di mezzo mondo che l’efficienza italiana è efficiente sino al paradosso.
In una “Giornata particolare” Mastroianni nascondeva la cenere sotto un tappeto, quasi a documentare come la società del tempo tendesse a nascondere l’illusoria condizione di ordine e pulizia.
Oggi Marcello non c’è più. Qualcuno nasconde sempre cenere e lapilli sotto tappeti che sono quinte di un teatro.
Poi verranno svelati i segreti del gran consulto. Ciascuno ci leggerà quel che vorrà, e i bambini Africani, rappresentati da nessuno, continueranno a spegnersi senza sapere cos’altro poteva dare o essere la vita, se non la fame che uccide.
Popof 6luglio2009
Io amo particolarmente i dialetti, non sono lingue di serie b, né devono essere ritenute utilizzabili da una stretta cerchia di persone, o relegarlo al
folklore o al ricordo. Il dialetto è un “modo di sentire” la realtà,la storia , la filosofia. In ognuno di esso ci trovi il suo profumo, io nel mio(siciliano) ci sento: zagara, sorriso, gelsomini, sale, sudore, pianto, amicizia, amore, saggezza, sole…
Scrive il Dott.Giuseppe Pitrè a proposito di dialetto siciliano:
“Nel dialetto è la storia del popolo che lo parla; e dal dialetto siciliano, così come dai parlari di esso, è dato apprendere chi furono i padri nostri, che cosa fecero, come e dove vissero, con quali genti ebbero rapporti, vicinanza, comunione.”
E così si esprimeva l’insigne filologo Ernesto Monaci:
“Si cerchi di rialzare nella coscienza del popolo l’idea del suo dialetto, persuaderlo che tutti in Italia, siccome anche nelle altre nazioni, siamo bilingui: che la favella appresa nel seno della nostra famiglia non è men degna di rispetto che la lingua da apprendersi nelle scuole. I dialetti dovrebbero avere un loro spazio nella lingua parlata e sarebbe tempo che, finalmente, se ne introducesse lo studio nelle scuole affinché quei tanti che s’affannano a far dimenticare il dialetto nativo per una lingua che non sempre conoscono, cessassero da questa loro opera disfattistica.”
Vi regalo questo video e relativa traduzione
http://www.youtube.com/watch?v=en6Yp6A7GGo
LINGUA E DIALETTU
UN POPOLO CHE RINUNCIA ALLA SUA LINGUA PERDE ANCHE L’ANIMA
(sottotitolo)di Ignazio Buttitta poeta siciliano
Un popolo
mettetelo in catene
spogliatelo
tappategli la bocca
è ancora libero.
Levategli il lavoro
il passaporto
la tavola dove mangia
il letto dove dorme,
è ancora ricco.
Un popolo
diventa povero e servo
quando gli rubano la lingua
ricevuta dai padri:
è perso per sempre.
Diventa povero e servo
quando le parole non figliano
parole e si mangiano tra di loro.
Me ne accorgo ora, mentre accordo
la chitarra del dialetto
che perde una corda al giorno.
Mentre rappezzo
la tela tarmata
che tesserono i nostri avi
con lana di pecore siciliane.
E sono povero:
ho i danari
e non li posso spendere;
i gioielli
e non li posso regalare;
il canto
nella gabbia
con le ali tagliate.
Un povero
che allatta dalle mammelle aride
della madre putativa,
che lo chiama figlio
per scherno.
Noialtri l’avevamo, la madre,
ce la rubarono;
aveva le mammelle a fontana di
latte e ci bevvero tutti,
ora ci sputano.
Ci restò la voce di lei,
la cadenza,
la nota bassa
del suono e del lamento:
queste non ce le possono rubare.
Non ce le possono rubare,
ma restiamo poveri
e orfani lo stesso.
Semplice 5luglio2009
Edvard Munch Pittore dell’angoscia
Edvard Munch, pittore norvegese, uno dei padri dell’espressionismo nordico, visse tra il 1863 e il 1944.
L’intera sua vita fu segnata dal dolore e dalle sofferenze, sia fisiche che morali, da lutti e tragedie familiari.
La madre, trentenne, morì di tubercolosi, lasciandolo a soli 5 anni. Se ne prese cura la sorella della madre, donna dallo spiccato senso pratico e pittrice, che stimolò il talento artistico del piccolo Edvard.
Anche la sorella prediletta, Sophie, morì di tubercolosi a quindici anni: e questa esperienza drammatica lasciò solchi profondi nell’animo di Munch. In tutte le sue opere, infatti, è presente l’angoscia e il tormento esistenziale che lo attanagliano. Tutto ciò è perfettamente rappresentato nel commovente dipinto “La bambina malata”.
La perdita della moglie e della figlia colpirono pesantemente anche il padre, che cadde vittima di una sindrome maniaco-depressiva e morì dopo qualche anno.
In breve tempo, tuttavia, Munch diventò il capofila della giovane pittura norvegese e nel 1883 espose le sue prime opere al “Salone delle Arti Decorative” di Oslo.
Ben presto si recò a Parigi dove conobbe l’Impressionismo, rimanendone molto colpito.
Nel 1889 organizzò la sua prima personale a Oslo e ottenne un discreto successo.
Nel 1892 organizzò la famosa “Mostra dello scandalo” a Berlino, dove espose oltre cinquanta sue opere all’Architektenhaus. La mostra riscosse violente critiche che ne causarono la chiusura. Da qui nacque il “caso Munch”, che contribuì a renderlo celebre. Questi avvenimenti attirarono il pubblico, che accorse in massa, per ammirare le opere dello scandalo e Munch si arricchì.
Il pittore norvegese fu uno dei maestri del Novecento, ma anche profeta delle paure, delle inquietudini e dei tormenti dell’uomo moderno. La sua pittura volle scavare nel profondo dell’animo umano, per rappresentare il male di vivere, l’impotenza di fronte all’angoscia, alla morte, alla desolazione esistenziale.
“Il Grido” o “L’Urlo”, dipinto nel 1893, è certamente l’opera più nota di Munch, un capolavoro dell’arte espressionista. E’ un’autentica esplosione di angoscia, che si racchiude in uno spirito tormentato esploso in un grido liberatorio. Si tratta di un quadro autobiografico, ispirato ad un momento descritto da Munch nel suo diario:
“Camminavo per la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai, stremato, a un recinto sul fiordo nero e azzurro, e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”.
Nel quadro è espresso tutto il rapporto angoscioso che l’artista avverte nei confronti della vita. L’uomo che urla, con le mani portate alla testa, occhi fissi, bocca spalancata, calvizie completa. E’ su un ponte, di cui si vede il parapetto e si intravedono altre due figure sullo sfondo. Il paesaggio è caratterizzato da roteanti pennellate rosse, gialle e blu, che descrivono il cielo, l’aria e il mare, sul quale sono abbozzate due sagome di barche a vela.
Munch era solito realizzare varie versioni delle proprie opere e, anche dell’”Urlo” ne compose 4. Una di queste, purtroppo, nell’agosto del 2004, fu rubata, dal Museo Munch di Oslo, assieme ad un altro suo capolavoro, “La Madonna”. In pieno giorno, di domenica, due uomini armati e mascherati, con estrema tranquillità, alla presenza di decine di testimoni, rubarono le due opere appese al muro con dei fili, senza protezione alcuna né sistemi d’allarme, fuggendo a bordo di un’auto.
“L’Urlo” è un quadro di valore inestimabile e, a distanza di un secolo, ci appare ancora straordinariamente moderno. E la bellezza dell’opera sta nel tirar fuori ciò che si cela dentro di noi e che troppo spesso ci imponiamo di nascondere….
Un’altra e famosa versione dell’”Urlo” fu rubata in Norvegia, nel febbraio del ’94 ma, fortunatamente, fu recuperata integra tre mesi più tardi.
Altro dipinto di Munch, molto noto e importante, è “Il bacio”.
E’ difficile trovare l’amore in questo bacio, e arduo individuare un sentimento di tenerezza e complicità in questa coppia misteriosa, dove i volti sono nascosti nell’ombra di un abbraccio sensuale, ma non gioioso, corpi avvolti su se stessi, indistinguibili l’uno dall’altro, avvinghiati in quella che pare più una lotta che un contatto amoroso, in preda ad una passione struggente e malinconica. Anche l’ambiente è modesto e disadorno, quasi a indicare un incontro clandestino, i colori sono piuttosto cupi e le tonalità fredde, tipicamente nordiche.
Riassumendo, l’esistenza di Munch, dolorosa e tragica, fu riflessa nelle sue opere, a tutto tondo.
Nell’ottobre del 1908, a Copenhagen, Munch iniziò a soffrire di allucinazioni e ebbe un crollo nervoso, che lo portò in clinica per più di otto mesi, durante i quali trasformò la sua stanza in atélier. Si riprese e continuò ad allestire personali e a viaggiare in tutta Europa.
Nel 1930, la rottura di un vaso sanguigno all’occhio destro gli provocò una cecità quasi totale.
Fu anche perseguitato dal regime nazista, che definì le sue opere “arte degenerata”, escludendolo dai musei tedeschi.
La vita di Munch trascorse senza amore e in grande solitudine. L’unica forma d’amore che il pittore fu in grado di sperimentare fu quello con i suoi familiari morti.
Nel dicembre del 1943, l’esplosione di una nave tedesca nel porto di Oslo provocò seri danni al suo atélier e questo avvenimento lo mise particolarmente in ansia: preoccupato per i suoi quadri, trascurò la polmonite di cui cadde vittima e di cui morì nel gennaio 1944, dopo aver dipinto gli ultimi bellissimi autoritratti.
Giovanna3.rm 5.07.2009
Ho vissuto 6 anni in Perù e voglio, se mi riesce, fare una fotografia di quello che questo paese ha lasciato dentro di me.
Il Perù è una nazione stranissima sotto molti aspetti. Posta a solo 5° sud dall’equatore, sulla costa, ha un clima quasi temperato. Ma questo solo sulla costa, perché la corrente di Humboldt, che è una corrente fresca che viene dall’Antartide, provoca un abbassamento della temperatura dell’aria, riducendo le precipitazioni e facendo sì che le aree costiere siano aride e desertiche. Al di la delle Ande il clima è quello tropicale della foresta amazzonica, con alte temperature e alta umidità. Completamente diverso è il clima della Sierra dove sopra i 3.000 fa caldo di giorno e freddo di notte. Detto questo si può concludere che nel paese ci sono tre climi contemporanei.
Questa corrente fredda è ricchissima di pesce che rende il Perù uno dei paesi più importanti al mondo per la pesca, al punto che c’è un apposito ministero che regolamenta la produzione di farina di pesce e degli oli di pesce. Il pesce in Perù costa poco ed è un importante alimento per le popolazioni costiere.
Altra ricchezza del paese è il deserto che, quando viene irrigato, produce delle coltivazioni rigogliose di ortaggi e frutta. Basti pensare che il Perù è uno dei maggiori esportatori al mondo di asparagi.
Il Perù è un paese multi etnico: ci convivono pacificamente Spagnoli discendenti dei “Conquistadores”, Cinesi che erano venuti al tempo delle estrazioni di guano,Neri ex schiavi, Italiani che furono una immigrazione tecnico commerciale (Toscani che misero in piedi la filatura industriale e Genovesi che aprirono i commerci con l’Europa ) ,Giapponesi che emigrarono dopo la seconda guerra mondiale e che si occupano prevalentemente di agricoltura. L’unica discriminazione è data dal grado di istruzione. Il paese ha fame di tecnici in qualunque settore e se uno ne ha i titoli, farà strada indipendentemente dal colore della sua pelle. C’è multi etnicità nelle classi alte e medie, nel proletariato e nel sotto proletariato si trovano soprattutto neri e indios che, per mancanza di scuole, non hanno potuto studiare. Il paese è immenso e in molti casi per andare a scuola si devono fare molti chilometri.
Il paese è molto ricco e per anni è stato sfruttato dalla multinazionali.
Produce oro, petrolio, rame, legni pregiati, frutta esotica e ortaggi di primissima qualità.
Il fatto di essere un paese arretrato per molti versi paradossalmente ha avuto i suoi vantaggi. Mi spiego:
Internet per funzionare in ADSL ha bisogno di centrali telefoniche elettroniche; loro non ne avevano che pochissime, quindi le nuove sono tutte di ultima generazione. Conclusione hanno una rete che è molto migliore della nostra.
Tutte le cose che appartengono alla tecnologia, dovendole applicare per la prima volta, usano le più moderne, senza passare nel vecchio. Loro da anni usano una patente tipo badge con fotografia che dura 10 anni e costa solo il prezzo del badge e della foto.
La cosa più conosciuta del Perù è il turismo.
Il turista può scegliere tra decine di itinerari:
Archeologico: con delle rovine splendide di diverse civiltà che si sono succedute nel tempo, ultima delle quali l’Incaica, che è finita con l’arrivo degli Spagnoli. Ma ci sono anche opere pre incaiche come i disegni sul terreno attribuite alla civiltà Paracas e altre rovine della civiltà Chimù. Il pezzo forte del turismo Peruviano è il Macchu Picchu: città fortezza scoperta casualmente dallo storico Statunitense Hiram Bingham. Migliaia di turisti lo visitano ogni anno ed è fonte di incredibili sorprese. La città aveva templi, acquedotti, acqua corrente, un osservatorio astronomico e campi coltivati a terrazze che garantivano l’auto sufficienza alla città. Ma quello che sorprende sono le enormi pietre usate per certe costruzioni, che non si sa come siano potute arrivare fin lassù. visto che vengono da cave lontane, considerando poi che questi popoli non conoscevano la ruota. Poi in un paese estremamente sismico come mai non sono franate queste costruzioni?
Non voglio dilungarmi troppo sul Machu Picchu lascio la gioia di scoprire queste cose a chi lo andrà a visitare.
La zona archeologica incaica si estende attorno alla città di Cuzco che sorge a 3.399 metri sul livello del mare e che era la capitale dell’Inca (vorrei fare una precisazione: gli Inca erano i re e sono stati solo 14 il popolo non si chiamava Inca ma Quechua). Tutto attorno alla città ci sono bellissime rovine di costruzioni, molte ancora in ottimo stato. Una di queste si chiama Ollanta y Tambo ed è costruita con pietre enormi. Altra costruzione interessante è una enorme fortezza chiamata Sacsauman, anche questa costruita con pietre grandissime che non si sa come siano state trasportate. .
Naturalista: Il Perù si estende per un gran tratto nella foresta amazzonica dove si possono ammirare piante ed animali da noi sconosciuti. E possibile visitare i villaggi Indios della selva fare trekking e safari fotografici.
Vacanziero: C’è pure il turista che vuole solo il relax, fare i bagni e godersi il caldo sole quando qui da noi c’è l’inverno. Ci sono spiagge tropicali a iosa che lo possono accontentare.
Antonio2.li 05/ 07/ 2009
Svelti, su, che incomincia a piovere ………………PORCA EVA!
OOHHH!!! Scusami tanto disse Noè rivolgendosi al ritratto appeso sopra la porta nel quale erano raffigurati gli zii quando, felici, vivevano nel loro giardino.
Quello sulla spalla di Adamo era Ninnolo, il loro serpente, il quale qualche tempo dopo lasciò la loro casa a seguito di divergenze di opinioni sull’organizzazione e la gestione del tempo libero, specie dopo il calar del sole.
SVELTI, FORZA!!! fate salire gli animali urlava. FORZA!!!
Galline, sembrate oche! forza oche, sembrate galline! Forza!… che tra poco qui viene giù il diluvio universale, voi siete ancora a terra e non abbiamo in dotazione salvagente per tutti.!
MALEDETTA PULCE, SCENDI SUBITO DAL MIO COLLO E CERCATI UN’ALTRA SISTEMAZIONE! RICORDATI CHE SIETE SOLO DUE!!!! VE LO AVEVO GIA’ DETTO: QUANDO SIAMO A BORDO LASCIATEMI PERCHE’ NON POSSO FARE PREFERENZE. RAMMENTALO!
Gli altri animali, nel frattempo, continuavano a salire disordinatamente senza tanti controlli, tanto che, invece di due soltanto, salirono molti più asini, somari, maiali, iene ed avvoltoi e le conseguenze si vedono ancora oggi.
A terra c’era ancora una gran ressa di animali che si spingevano l’un l’altro e bisticciavano: qualcuno non voleva rispettare la coda. C’era fra loro chi pensava che se fosse salito tra i primi avrebbe avuto i posti migliori. Quel qualcuno già allora, aveva fatto qualche crociera: i leoni, quando li portavano a combattere
nei circhi, le zebre in qualche zoo, o le pantere nelle case di qualche nobildonna.
Erano questi animali già “vissuti”che creavano il disordine.
In questa confusione nascevano anche drammi: la giraffa piangeva disperata perché non riusciva a ritrovare il suo giraffo.
L’acqua a terra intanto cominciava a salire velocemente costringendo mosche, pidocchi, le piattole, gli scarafaggi, e molti altri insetti a salire sul dorso degli animali più grandi trovando in loro nutrimento e riparo in quella che sarebbe stata la prima crociera della storia riservata esclusivamente a coppie legali.
Disordinatamente però, come tutte le volte che qualcosa non viene organizzato per tempo, gli animali lentamente si imbarcavano su quella vecchia carretta che, come diedero ampio spazio le cronache del tempo, contrariamente a quello che si era sempre creduto, non l’aveva costruita NOE’, ma pare fosse stata presa a nolo dal VATICANO e che battesse bandiera Liberiana, cosi che in questo modo, avrebbero risparmiato un bel gruzzolo da poter investire nel mattone. L’operazione poi, se tutto fosse andato a buon fine, sarebbe servita per una speculazione immobiliare a lungo respiro dalle parti (pare) di Roma, per avere la possibilità di dare una casa dignitosa a San Pietro che, poverino, viveva da sempre su di una barca della cooperativa pescatori di OSTIA.
Quando anche l’ultima coppia di animali fu a bordo l’urlo di Noè sovrastò quell’accozzaglia di belati, ruggiti, squittii, ronzii, garriti e ogni altro rumore che può fare un animale e così ordinò:
CAM, SEM, JAFHET CHIUDETE TUTTO CHE SALPIAMO.
Da terra arrivavano urla e grida accompagnate da lanci di sassi, lattine e bottiglie vuote.
COSA SUCCEDE CAM? chiese il capitano mentre con i fratelli faticosamente issavano lo scalandrone. Cam ansimando rispose: “SONO GLI ALTRI ANIMALI CHE RIMARRANNO A TERRA. PROTESTANO. DICONO CHE SEI UN CORROTTO E CHE HAI PRETESO DELLE TANGENTI.
UNO IN PARTICOLARE, ED E’ DIFFICILE CAPIRE CIO’ CHE DICE PERCHE’ SI MANGIA LE PAROLE MENTRE PARLA, HA DETTO CHE UN GIORNO ARRIVERA’ UN “DIPIETRO” E ALLORA VEDRAI!”
“MA CHE CASPITA VOGLIONO DA ME -imprecò Noè- NON MI STIANO A ROMPERE, IO ESEGUO DEGLI ORDINI. SEMMAI, SE LA PRENDANO COL PRINCIPALE LASSU’!.
Anche i pesci di mare erano entrati nella protesta.
Stavano arrivando dagli oceani e dai mari confinanti enormi branchi di tonni, sardine, triglie, polpi, seppie e calamari, le acciughe facendo il pallone si tenevano stretti stretti i loro bianchetti appena nati, destinati ad una fine ingloriosa, e gli squali spalancando le loro bocche mostravano i denti minacciosamente. Molti gli slogans scanditi da quel popolo marino:
“NO ALL’ACQUA DOLCE! RIDATECI L’ACQUA SALATA! SENZA IL SALE SI MUORE, IL SALE E’ LA VITA SULLA TERRA!”
Qualcuno forse sbagliò manifestazione: si sentì chiaramente un “NO ALLA TAV”.
Pioveva, pioveva cosi forte che sembrava il diluvio universale.
Le gocce erano tanto grosse da sembrare uova, tanto che il tergicristalli non riusciva neppure a dare un minimo di visibilità dagli oblò del ponte di comando.
Li la tartaruga, non si sa come, vi ritrovò rifugio col suo tartarugo. Erano visibilmente preoccupati. A lei, quando ancora erano in coda per salire a bordo, l’elefante sbadatamente aveva posato una zampa sulla schiena e ora poverina aveva tutta la casa allagata: un piccolo monolocale lasciatole in eredità dai genitori.
Il tartarugo cercava di ripararla ma lei gli scivolava di sotto e si ritrovò con la pancia all’aria tra l’ilarità di tutti i presenti.
E la colomba bisticciava col colombo:
T’HO DETTO DI NO, DA SOLA NON CI VAI, E’ PERICOLOSO CON QUESTO TEMPACCIO, NON AVRESTI DOVUTO ACCETTARLO QUESTO INCARICO.!
Noè faceva visiera con la mano tesa sulla fronte e guardava lontano ma non vedeva un tubo; niente, niente di niente. Niente davanti, niente dietro, solo acqua, acqua, tanta acqua.
Acqua sotto, acqua sopra, destra e sinistra acqua.
E….. puzza, tanta puzza.
Era la stessa identica puzza di quando arrivava il Circo Togni.
Anche allora erano tutti contenti. Meno che i bambini ai quali non gliene fregava niente del circo, ma dovevano, almeno una volta nella loro vita, portarci i propri genitori.
Dall’alto della testa della giraffa, la colomba ogni tanto sbatteva le ali per essere pronta al grande evento.
I rapporti col colombo si erano ormai definitivamente rotti e lui poverino cercava di rifarsi una nuova vita ma sull’arca era difficile per il motivo che erano tutti accoppiati anche se, dopo un po’ di tempo, qualche strano incrocio si vide, molto probabilmente a causa della promiscuità coatta e gli spazi esigui nonostante l’impegno costruttivo di Noè e i suoi figli.
Il colombo invece, quasi di fronte a lei, pure lui posato sulla testa del giraffo, che nel frattempo si era ritrovato con la compagna, pensava sconsolato:
QUALCHE GIORNO ANCORA E LA MIA CARA PASSERA’ ALLA STORIA COME L’UCCELLO DELLA PACE.
ALMENO AVESSIMO UNA BUSSOLA pensò Noè, MA QUESTI BIFOLCHI NON L’HANNO ANCORA INVENTATA: VANNO CON LE STELLE….LORO.
DOBBIAMO ARENARCI SUL MONTE ARARAT COME STA SCRITTO NELLA BIBBIA…
DAI………. ARRIVATECI CON LE STELLE!!!
E venne il quarantesimo giorno.
Le previsioni erano che cessasse la pioggia e riapparisse il sole.
Finalmente venne il momento che la colomba tanto ansiosamente aspettava.
Solo un cenno. Aspettava da Noè solo un cenno e lei si sarebbe levata in volo e da quell’istante sarebbe passata gloriosamente alla storia seguita dagli applausi dei compagni di viaggio.
Un batter d’ali e…..via nel cielo che finalmente tornava ad essere nuovamente blu.
Via, via, sbatti più forte, altrimenti l’inattività di tutto questo tempo ti farà precipitare e poi saranno affari tuoi perché tu non sai nuotare: sei una colomba tu, non un gabbiano.
ARARAT———- MONTE ARARAT, A – R – A – R – A – TTTT,
SI SCENDEEEE, FORZA SIAMO ARRIVATI, C- A- P- O- L- I- N- E- A ! Urlò Noè.
Cam, aprì lo sportello, calò lo scalandrone e incominciò a far scendere
gli animali a due a due cioè a coppie cosi come era loro stato ordinato.
In molti casi fu necessario qualche calcio e qualche bastonata ai più pigri.
Soltanto dopo un po’ di tempo si constatò che dall’Arca scesero più razze di quante ne erano salite.
Tutti i passeggeri erano scesi dall’Arca, Noè si guardò attorno, ed allora si accorse di essere rimasto solo.
Noè a quel punto si inginocchiò, alzò lo sguardo al cielo e con un gesto di sconforto allargò le braccia e sussurrando come per il timore di essere sentito, ma nel contempo con la ferma determinazione che le sue parole arrivassero a destinazione disse:
TUTTI MI HANNO ABBANDONATO
E vide per la prima volta l’arcobaleno, con la colomba che ci volava dentro, come simbolo di una pace duratura….
Alfred-Lollis 03/07/2009
Per gentile suggerimento di un amico di scoiattolina ci arrivano queste informazioni:
MILANO mostra a Palazzo Reale “MONET Il tempo delle ninfee” dal 30 aprile al 27 settembre 2009
Suggerisco anche un bel sito da consultare:
http://www.mostramonet.it/
e, nel caso poi foste i fortunati abitanti della città di Milano, avreste la gioia di poter andare a visitare la mostra, aperta fino al 27 settembre 2009
“Immaginiamoci oggi un letterato che abbia avuto l’idea di trattare venti volte, in maniere diverse, lo stesso tema e che abbia l’impressione di fare così qualcosa di profondo, di sottile, di grandioso, di originale, di impressionante, come le cinquanta Cattedrali e quaranta Ninfee di Monet”: così scrisse Marcel Proust, dopo aver visto nel 1909 da Durand-Ruel l’esordio dell’ultima «serie», le Ninfee, realizzate dal pittore tra il 1903 e il 1908.
Quella mostra, del settantenne pittore che era ormai riconosciuto come il maestro guida degli impressionisti dopo tanti travagli (fino al finto necrologio pubblicato nel 1880 su Le Gaulois dai compagni di gruppo), era l’apoteosi del grande giardino con il laghetto e il ponte «giapponese» intorno alla casa creato con passione in vent’anni dalle mani sue e dei figli.
Venti tele della stagione delle Ninfee dalla donazione Monet del 1968 al Museo Marmottan di Parigi approdano ora a Palazzo Reale accanto a due serie di 53 xilografie policrome di Hokusai e di Hiroshige del Museo Guimet di arti Asiatiche (si vedranno a rotazione per ragioni conservative), a cura di Claudia Beltramo Ceppi.
Claude Monet si stabilì a Giverny nel 1883 nella casa che avrebbe acquistato nel 1890, iniziandovi la sua «serie» dei Pioppi sulla riva della Senna, esposta nel 1891 a Parigi presso Durand-Ruel, alla quale sarebbe seguita dal 1892 quella della Cattedrale di Rouen. Testi di Monet campeggiano sui muri della mostra: «Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore».
«Mi ci è voluto molto tempo per comprendere le mie ninfee: le avevo piantate per il gusto di piantarle; e le ho coltivate senza pensare a dipingerle…Un paesaggio non vi impregna in un giorno soltanto…e poi, tutto a un tratto, ho avuto la rivelazione della magìa del mio stagno. Ho preso la mia tavolozza. Da allora non ho avuto altri modelli». «Ancora una volta ho intrapreso qualcosa di impossibile: acqua con erbe fluttuanti in basso…è meraviglioso guardarle, ma esasperante volerle rappresentare. D’altra parte, ho sempre affrontato cose come questa».
Nel quadro d’esordio, del 1887 (e dunque il taglio dell’immagine, già rivoluzionario, si riferisce alla Senna a Giverny e non alla stagno delle ninfee non ancora creato), una barca bianca, vista dall’alto a picco nell’angolo superiore destro della tela da un occhio-obbiettivo grandangolare (quarant’anni dopo sarà il cineocchio di Dziga Vertov), galleggia su una cupa massa gialloverde di erbe fluttuanti. È un perfetto esempio di anticipazione di quel «dissolvimento» informale della finestra spaziale di profondità prospettica di cultura occidentale sottolineato nel saggio di Marco Fagioli nel catalogo Giunti Arte.
Quel dissolvimento trionfa nelle Ninfee nel decennio di nascita della contestazione-ricostruzione spaziale cubista e con esso Monet fonda l’opposto volto alternativo del futuro pittorico del secolo. Fino all’espressionismo astratto e all’informale europeo. Molte tele della mostra evocano esplicite discendenze, da Sutherland a Schifano.
La rivoluzione nasce anche dalla riflessione di Monet, concettuale altrettanto quanto ottica, sull’incomparabile astrazione spaziale delle 221 xilografie policrome giapponesi di Hokusai e Hiroshige, che ancora oggi sono appese nella casa di Giverny, rappresentate in mostra da quelle del Museo Guimet in splendido stato.
Così la Barca del 1887 è simbolicamente affiancata dalla pura delicatissima astrazione spaziale bianca e azzurra del prototipo Ninfee. Effetto della sera, intorno al 1897, e dalla xilografia di Hokusai La grande giunca a Ushimori, una delle Trentasei vedute del monte Fuji.
Di sala in sala, nell’assoluta libertà della dissoluzione della superficie cromoluministica, con l’infinito caleidoscopio delle variazioni di pennellata, di materia, di luce, si susseguono nel tempo i temi dei salici, delle ninfee, dei riflessi sull’acqua dall’alba al tramonto, del ponte giapponese. Nell’ultima sala dei capolavori estremi degli Anni 20 distesi in orizzontale per 2,3 metri, l’occhio perde ogni nozione di alto e di basso, di acqua e di cielo.
Roberto 02 07 2009