Parecchi commenti ci sono stati all’articolo SCUSATE MA IO NON DARO’ NEANCHE UN CENTESIMO, scritto da Giacomo Di Girolamo e quasi tutti concordanti con l’autore .Porto in evidenza più che un commento una testimonianza scritta da Vins60s come volontario della protezione civile..un grazie a te caro Vins e a tutti i tuoi colleghi per ciò che fate incuranti di ogni polemica:
Ciao a tutti…. le parole che ho letto qui sono forti e sacrosantamente vere, certamente condivisibili per certi versi! ma sono d’accordo con l’amico che distingue politica e solidarietà!!! io non ho dato un euro a nessuno! ma facendo parte del Volontariato di Protezione Civile, sono partito con la mia Squadra per aiutare la popolazione dell’Aquila, vi posso garantire che le cose che avete scritto son in parte verissime! passerelle dei politici solo dove gli fa comodo! noi eravamo in una tendopoli vicina a quella ormai famosa del “Garden” ma li non ci sono potenti mezzi, grandi strutture, nemmeno l’asfalto che ha permesso ai nostri “cari” politici di non sporcarsi le scarpe di polvere e di fango…. ma c’è invece l’efficienza di tante persone venute da diverse zone dell’italia che volontariamente hanno lavorato alacremente senza guardare in faccia a nessuno, per dare a queste persone che hanno perso tutto, casa e affetti, una sistemazione provvisoria ma dignitosa per quanto possibile!!!e la nostra maggiore soddisfazione non sono certo le pergamene e le medaglie che lo Stato a volte si ricorda di darci, ma sono le parole sincere di ringraziamento di quelle povere (ma ricche dentro) persone che nella loro sofferenza hanno la forza di dire grazie!… un grazie che vale più di ogni benemerenza e onoreficenza!!! con queste persone si crea una fratelanza una vera amicizia che non si ferma al periodo in cui si rimane li per il soccorso… ma che rimarrà nei nostri cuori per sempre, perché non puoi cancellare un momento della tua vita e questo è il vero motivo che spinge un volontaio di Protezione Civile a fare tutto questo… ogni volta che succede qualcosa… nonostante tutto!!! e purtroppo la nostra classe politica non cambia mai nulla e siamo sempre alle solite!!! PER FORTUNA ESISTONO I VOLONTARI DELLA PROTEZIONE CIVILE che spesso per far funzionare la propria struttura, la finanziano con soldi propri… quindi alla fine ritengo che se anche non ho dato il mio euro ad un SMS credo di aver fatto dualcosa per aiutare … senza nessuna pretesa di riconoscimenti…. ma nel nostro intimo siamo consapevoli di aver fatto molto e anche di aver ricevuto molto dalla persone aiutate!!! aiutate il Volontariato…. grazie!
In alcuni paesi africani, molto ricchi di materie prime e grandi esportatori di greggio, la gente muore di fame; molte persone preferiscono affrontare anche il mare in tempesta su un incerto barcone o un gommone malsicuro pur di fuggire da quegli inferni.
Arrivare in Italia per loro non è facile, ma le sue coste sono quelle più facilmente raggiungibili da quelle africane.
Racconta uno di loro, un giovane nigeriano: “Sono in viaggio da alcune settimane, i cento dollari sono finiti in poco tempo: tutti vogliono essere pagati, poliziotti, doganieri, autisti di camion e furgoni; mi hanno lasciato solo le cose che per loro non hanno valore ma che per me contano quanto tutto il petrolio della Nigeria. Il rosario con il crocifisso di legno, la piccola Bibbia che conservo in un sacchetto di plastica chiuso con il nastro adesivo; e la speranza, il sogno di raggiungere l’Italia e mandare dei soldi a mia madre”.
Partono insieme a un barlume di speranza nel cuore, persone disperate, ammassati su carrette di mare già destinate a demolizione, accomunati verso un dubbio destino, in compagnia di un tozzo di pane duro. Gli occhi bassi, sul viso scavato si legge la profonda disperazione; si chiedono, spesso, se non sia stato meglio morire.
Li tiene in vita la certezza che approderanno in una terra ospitale e umanitaria; hanno lasciato la fame e la guerra e si affidano al sogno di trovare un aiuto fra gente sconosciuta in quella terra Italia che hanno sentito abitata da gente caritatevole e solidale.
Persona distrutte dalla fatica e dalla sofferenza, ignari della sorte che li attende, non sanno i disperati che saranno oggetto di una lenta, lunga e deprimente burocrazia, ma non gli importa perchè sanno per certo che non troveranno da nessuna parte morte e sofferenza come quelle dalle quali stanno scappando.
Ignorano che nella “terra promessa” si sono formate varie scuole di pensiero sull’argomento, come raccontano studi recenti sugli sbarchi di extracomunitari sulle coste italiane. Ci sono quelli, e sono in parecchi, i quali in caso di successo di uno o più sbarchi sono portati pensare all’invasione di una massa di intrusi in grado di generare vari tipi di conflitti con le categorie di persone con le quali possono venire in concorrenza.
Nelle stesse persone poi, in caso di insuccesso, affiora subito l’animo pietoso e caritatevole e non esiteranno a definire gli sfortunati protagonisti “disperati” in cerca di un futuro migliore”. Infine altre persone ritengono che bisogna intervenire su vari fronti per affrontare seriamente e proficuamente la questione:
1. apprestare tutte le strutture necessarie per un accoglimento dignitoso;
2. effettuare delle convenzioni con tutti i paesi rivieraschi sul mediterraneo allo scopo di controllare le coste e impedire, nei limiti del possibile le partenze, con l’impegno naturalmente di affrontare da parte loro la questione per offrire le opportunità di una vita senza grossi sacrifici lontano da privazioni e sofferenze;
3. l’Unione Europea si deve far carico dell’intero problema mediante la fissazione di contingenti da assegnare ai vari stati in relazione alle loro necessità e possibilità;
4. Ultimo e più importante, fondamentale direi, creare negli stati di origini le condizioni per una rapida emancipazione di intere popolazioni mediante la fornitura di mezzi e una formazione permanente che le mettano in condizione di produrre beni e servizi finalmente in modo autonomo.
Io sto con quest’ultima opzione, anche se so bene che sarà osteggiata duramente da tutte quelle categorie di persone che hanno interesse a che quelle zone restino cristallizzate nelle situazione attuali.
Concludo con l’augurio che giammai si ripeta il dramma della ragazza alla quale voglio dedicare la mia considerazione in versi: si chiamava Esat Ekos, la diciottenne nigeriana incinta morta durante la traversata con il bimbo che portava in grembo.
Ho letto che è rimasta per 5 giorni, come un sacco di rifiuti, sul mercantile turco Pinar mentre Italia e Malta discutevano sulla destinazione finale degli altri 144 disperati sopravvissuti.
E tutti sappiamo che continueranno gli sbarchi di immigrati in Sicilia fino a quando nelle nazioni di origine regneranno incontrastate fame, morte e distruzione.
Arrivano a frotte stipati su carrette del mare,
nutrono una speranza, un approdo tranquillo,
delusi, avviliti , gli occhi cerchiati di pianto
invano hanno cercato di capire la triste follia
di uomini armati dispensatori di morte e distruzione;
fuggono dalla miseria, da un mondo privo di futuro,
ingenuamente, non privi di coraggio, rincorrono un sogno
dimenticare gli scoppi e il fragore delle bombe,
le vite spezzate, i bambini sfortunati su stampelle,
e madri chine su corpi freddati da pallottole vaganti
sfuggite all’incerto dito di coetanei soldati improvvisati
costretti a sparare da capi assetati di potere.
Sono disposti a naufragare in terre prive di nemici,
pur di praticare dignità in un mondo di pace ed armonia.
E spesso le cronache raccontano di crudeli destini
Che non premiano la disperata lotta per la vita,
per la barca incerta e il carico pesante, l’onda violenta
porta con sé propositi e lascia silenzi e pianti;
per alcuni allora svanisce la speranza
con altri mezzi, ma stavolta sereni, tranquilli
sono diretti ad altra spiaggia, altro approdo
dove regna incontrastata pace ed armonia
….. si incamminano stavolta verso il Paradiso.
Flavio 46 23 aprile 2009
L’altro giorno, in questa rubrica, abbiamo parlato di femminismo ante litteram e oggi non possiamo dimenticare che è il compleanno di una grande donna che, con il suo operato, ha dimostrato a tutto il mondo di quanto una donna e scienziata sia capace:Rita Levi Montalcini.
Non ci sono più parole per raccontare la vita di questa “fragile” donna d’acciaio. Ormai tutti ne hanno parlato.
Io vorrei solo trascrivere il messaggio umano e rivolto verso il futuro che ci ha ancora una volta regalato, nel giorno dei suoi cento anni.
Buon Compleanno Rita Levi Montalcini!!!
«Oggi ho il privilegio di aver compiuto cento anni, privilegio che non molti altri hanno, e il privilegio di conservare ancora la capacità di intendere e di volere, e di lavorare ancora alle mie ricerche sul sistema nervoso».
«È una fortuna per me incredibile essere ancora fra i viventi, dopo aver attraversato momenti non sempre facili. Credo che la cosa più importante della mia vita sia stato aver dedicato tutto il tempo possibile a chi ha bisogno. Il corpo può morire. Ma restano i messaggi che abbiamo mandato in vita. Perciò il mio messaggio è questo: credete nei valori».
Ho letto con molto interesse le considerazioni di Franco Muzzoli sulla sopravvivenza più articolata di Eldy, con le quali sono sostanzialmente d’accordo.
Vorrei, tuttavia, aggiungerne un’altra, a mio avviso di notevole importanza.
Circa sei mesi fa, quando entrai in Eldy, mi posi subito il quesito di come parteciparvi in maniera attiva, sentendomi più motivata e coinvolta.
Insieme ad un amico di Roma – che peraltro collabora attivamente con i suoi scritti, di alto profilo, trattando anche temi sociali importanti – decidemmo di iscriverci all’Associazione, nell’intento di sentirci facenti parte della famiglia degli Eldyani, con maggior diritto.
Questo sostegno concreto, da parte di molti amici – me lo auguro – potrebbe permettere a Eldy di sviluppare ulteriori ampliamenti, senza correre il rischio di un’impasse, che potrebbe compromettere gli sforzi sinora intrapresi.
Che ne pensate? Vogliamo parlarne?
Giovanna.3rm 22. 04. 2009
Cento anni fa nasceva una donna che ha dedicato la sua vita alla scienza ed al prossimo.
Non voglio fare qui l’elenco di cio’ che e’ la sua biografia,ne’ parlare delle sue scoperte scientifiche o delle innumerevoli onorificenze di cui e’ stata insignita, tutto questo chiunque di voi puo’ trovarlo collegandosi a qualunque motore di ricerca.
Voglio invece esprimere quello che sento e che suscita in me questa grandissima donna che stimo e ammiro profondamente.
E’ incredibile la sua lucidita’ di pensiero ancora oggi e l’ardore che mette nelle sue parole. Mi sono rimaste impresse queste frasi: “Non ho tempo per me, vivro’ fino all’ultimo con la curiosita’ negli occhi e il bisogno di scoprire sempre piu’ cose che aiutino la ricerca scientifica”
Ma ci sono altri due elementi importanti che me la fanno sentire vicina.
Rita Levi Montalcini è anche Presidente Onorario dell’AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla- della quale anch’io faccio parte come Commissione Verifica Poteri e volontaria della Sezione della mia citta’ e Vi posso assicurare che durante i Congressi Nazionali ai quali Lei mai e’ mancata, scroscianti e interminabili applausi accompagnano il suo ingresso.
Lei saluta tutti col fare umile che la contraddistingue e anche se e’ reduce e stanca da precedenti e gravosi impegni si rivolge a tutti giustificandosi dell’involontario ritardo e sostenendo pero’ di non poter assolutamente mancare a quell’importante appuntamento.
E altro motivo di orgoglio che me la fa sentire vicina è la sua casa qui nelle bellissime colline della mia citta’, Asti dove ha iniziato, in un laboratorio di fortuna, le sue prime ricerche che l’hanno portata poi alla scoperta del fattore di crescita nervoso.
Signori……quando la mente viaggia ad alta velocita’ il cervello non va mai in pensione ed io, piccola donna non all’altezza voglio esprimere a questa straordinaria creatura e nostra donna-esempio che tanto ha fatto e tanto ancora sta facendo per la scienza, tutta la mia gratitudine abbracciandola idealmente con immenso affetto.
Grazie Rita, infiniti auguri di Buon Compleanno.
http://www.youtube.com/watch?v=3CYFtlVbD-0
Franci 22 Aprile 2009
Marella e Vanna (i nomi sono di fantasia) hanno dato vita da parecchi anni, a Roma, ad una struttura complessa per la protezione degli animali di strada (principalmente gatti) che non ha imitatori.
Io le conosco da un decennio e collaboro nella misura e con le modalità che mi sono possibili.
Intanto due parole sulla loro casa. Tutte le stanze sono date ai gatti e ci sono alcune gabbie per curare quelli che stanno male. Ma ci sono pure diversi cani, anch’essi trovatelli, che sono stati adottati da loro non avendo trovato un altro padrone.
La casa è stata resa funzionale alle esigenze degli ospiti a quattro zampe; anche i davanzali delle finestre, ampliati, sporgono all’esterno e costituiscono dei piccoli terrazzini per i gatti.
Quando se ne presenta il bisogno c’è un collegamento rapido con un veterinario e la ASL veterinaria di zona. Qualche gatto “privato”, se necessario, viene ospitato per esigenze dei loro padroni e non è esclusa anche l’assistenza a domicilio: d’altra parte l’ospitalità e l’assistenza sono due delle rare forme economiche di sostentamento della casa-famiglia.
Oltre che con i veterinari e le ASL veterinarie sono stati stabiliti altri collegamenti, in particolare con negozi di alimenti per animali, che offrono quando possibile alimenti a basso prezzo ma di buona qualità o si rendono latori di offerte da parte dei clienti.
Ogni tanto, sulla soglia del negozio per animali si appronta un banchetto con varie cianfrusaglie, che vengono offerte ai clienti del negozio e a passanti e consentono di acquisire qualche soldo.
Ma quello dei soldi sembra essere l’ultimo pensiero: si conta soprattutto sui mezzi propri, nonché sulla solidarietà dei veterinari, del negozio, dei tanti amici che si collegano e che, insieme ai problemi, danno qualcosa (dai giornali per tappezzare le gabbie dei malati, al pane duro per i cani, ecc.).
Insomma, alla fine i soldi si racimolano. Non mi risulta che animali trovatelli con problemi siano stati mai rifiutati.
I proventi vengono anche dalle catture, soprattutto delle gatte incinte o in procinto di esserlo e dalle offerte che vengono date per i cuccioli di gatti o di cani, che vengono regolarmente registrati e affidati secondo le normative vigenti.
Un rapporto costante è tenuto con l’Ufficio diritti animali del comune di Roma e con le colonie ufficiali dei randagi, la più importante delle quali si trova in Largo di Torre Argentina.
Oltre alla casa di abitazione c’è anche una struttura esterna, quella che chiamiamo “il laboratorio”, dove ci sono altri gatti più o meno in salute, che vengono curati e mantenuti con la speranza di una loro adozione.
Ogni pomeriggio, o anche di mattina in caso di necessità, si va al laboratorio. Pensate che questo laboratorio, in affitto, è stato ricavato da due ex garage e successivamente dotato di ampi finestroni per la luce e l’aria dei gatti.
E poi c’è anche una struttura fuori Roma, di proprietà di un’amica, in cui vengono ospitati i gatti più in salute, che vivono allo stato brado pur avendo a disposizione una stanza per quando fa freddo.
I mezzi di trasporto disponibili sono un furgone ed una macchina grande: ambedue utilizzati per gli spostamenti degli animali.
La ragnatela di tutti i rapporti in essere consente alla struttura di svolgere un’attività effettivamente utile per gli animali. Tutti i volontari sono utilizzati secondo le loro possibilità e si occupano soprattutto della pulizia. Fra i volontari c’è anche qualche medico che può dare utili consigli e suggerimenti.
Ah, dimenticavo il rapporto preferenziale con una farmacia vicina al laboratorio che soccorre nei casi di urgenza.
Volete sapere di che cosa mi occupo io in particolare? Di prendere in braccio i gatti, spazzolarli e pettinarli; di spazzare il terreno circostante il laboratorio; di mettere il cibo per i randagi che circolano nei pressi; e di buttare la spazzatura nei secchioni.
Qual è il mio stato d’animo quando ci vado?Gioisco e soffro con gli animali e ritengo che il buon Dio sia davvero grande se rende possibile un’impresa così particolare.
Tutto merito di Marella e Vanna naturalmente, che costituiscono il cuore ed il motore dell’iniziativa.
Se qualcuno, a Roma o anche fuori, vuole collaborare, in tutte le forme, dalle informazioni, ai consigli, all’aiuto materiale, è il benvenuto.
lorenzo.rm 22 04 2009
di Giacomo di Girolamo
C’è chi la pensa diversamente in quanto a solidarietà ,spiegandone anche le motivazioni. Questo editoriale scritto da Giacomo di Girolamo,giovane direttore di un sito è stato riportato in diversi quotidiani, lo propongo nel nostro blog ed eventualmente commentarlo insieme:
Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi
raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che la mia
suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario, senza
il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun
numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò
nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle
poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole
bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.
Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori,
alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi
hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no – stop, le scritte
in sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E credo che
questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da
italiano, io possa fare.
Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo
stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di
cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei
momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio
che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da
pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del pozzo di Alfredino, a vedere
come va a finire, stringendoci l’uno con l’altro. Soffriamo (e offriamo) una
compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro.
Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi
coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo. Non do
una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono
già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione
civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la
Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano
invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l’economia del nostro
Paese.
E nelle mie tasse c’è previsto anche il pagamento di tribunali che
dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero
farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una
classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma
proprio nulla, che non sia passerella.
C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare
i posti terremotati. In un viaggio pagato – come tutti gli altri – da noi
contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno?
Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di
“new town” e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo:
“new town”. Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto tempo l’aveva in
mente?
Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve
essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come
nasce “new town”. E’ un brand. Come la gomma del ponte.
Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani,
nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che “in questo
momento serve l’unità di tutta la politica”. Evviva. Ma io non sto con voi,
perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica, alle spalle
della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilità su quello
che è successo, perché governate con diverse forme – da generazioni – gli
italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono
per la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una
giustizia che non c’è.
Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha servito
lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto Schifani
guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro? Per
compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono
eccome quel terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle popolazioni
terremotate.
Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico
versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti
come è andata. Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo
strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente.
Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come
prima?
Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro:
comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle scuole
crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di penna di un
funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante
non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo.
Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa,
l’Istituto
Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un albergo
trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un edificio
di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro
d’affitto
fino ad ora, per quella scuola, dove – per dirne una – nella palestra lo
scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo
scirocco! C’è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo
inventare?) il controsoffitto in amianto.
Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro
della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se non
come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto.
Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno
sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul
terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho
capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per
quella bestialità che avevano detto.
Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa
succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i furbi.
E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è il gratta
e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l’alibi per non parlare d’altro,
ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella
che sta all’opposizione) perché c’è il terremoto. Come l’11 Settembre, il
terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto.
Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo
volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli
sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei
super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono
le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta
sempre più rabbia.
Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il
mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di
italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che diventa
pianto, quando sento dire “in Giappone non sarebbe successo”, come se i
giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know – how del Sol
Levante fosse solo un’ esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria fresco di
laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all’atto
pratico.
E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel
frastuono della televisione non c’è neanche un poeta grande come Pasolini a
dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno
uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia.
Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il
diritto di dire quello che penso.
Come la natura quando muove la terra, d’altronde.
Ginevra 20.aprile.2009
Una conferenza internazionale nata morta! Doveva essere il momento
d’aggregazione e stesura di un protocollo comunque condiviso
tra stati sovrani e invece è divenuto un’ulteriore momento di frattura. Si doveva riflettere
sui danni che genera il razzismo nell’umanità, con le sue piu’ intolleranti posizioni:
l’antisemitismo e l’islamfobia, e come combatterlo. Già, l’assenza di numerose
delegazioni come America,Italia ,Svezia, Australia, Germania, Olanda nè aveva minato
i risultati; ma è una norma che chi è assente ha sempre torto in quanto rifiuta
a priori un dialogo chiarificatore e rinuncia a dire la propria posizione .
Tra il presidente iraniano Ahmadinejad e il presidente svizzero Hans Rudolf Merz
c’è stato un’incontro antecedente, la riunione doveva fare un distinguo
sulle diverse interpretazioni di parte che vengono date alla voce razzismo.
Allora diciamo che sia il cattolicesimo che l’Islam sono e sono state nei secoli
religioni intolleranti quindi culture Xenofobe, ma di questo passo siamo tutti razzisti
gli antifascisti, gli anticomunisti, gli antinazisti, tutti coloro che sono intolleranti verso chi è
loro avverso. Chi e cosa determina un regime democratico? Le elezioni! Anche Hitler
venne eletto dal popolo democraticamente come nel tempo e nel mondo altri
governi più intolleranti.Sono razzista anch’io perchè antirazzista?
E’ innegabile che l’islamfobia ha posizioni estreme non condivisibili ma non
possiamo chiudere gli occhi sul fatto che Israele abbia a Gaza usato
contro le convenzioni internazionali bombe al fosforo su civili inermi.
E’ il caso di dire: chi è senza peccato lanci la prima pietra .
Ci vuole un atto d’umiltà da parte di tutti gli Stati che in sede ONU
ribadisca i diritti umani di tutti i cittadini del mondo troppo spesso
sacrificati sull’altare dell’interesse corporativo.
E’ tempo di ripartire le risorse mondiali di cibo, acqua e creare le
condizioni che permettano ad ogni latitudine del Globo chiamare
vita la vita senza tener conto del colore della pelle, della religione,
del credo politico -Siamo tutti sotto uno stesso cielo.
felpan 21/4/09
Se riesci a conservare il controllo quando tutti
Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall’odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;
Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
E trattare allo stesso modo quei due impostori;
Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;
Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
E non dire una parola sulla perdita;
Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro
Tranne la Volontà che dice loro: “Tieni duro!”.
Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l’amico più caro,
Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
Se riesci a occupare il minuto inesorabile
Dando valore a ogni minuto che passa,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E – quel che è di più – sei un Uomo, figlio mio!
Rudyard Kipling (Bombay 30.12.1865 – Londra 17.01.1936).
Scrittore britannico, premio Nobel nel 1907.
Il Gatto, “amico dell’uomo” , ma a suo modo
Quando penso alla mia prima infanzia, ricordo la dolce sensazione di tutte le volte in cui tenevo accoccolato sul petto una piccola e setosa creatura. Sono vive nella mia mente anche le sgridate di mia madre, per le pericolose scalate dal balcone, per il salvataggio di qualche gattino in fuga.
Va da sé che, crescendo, sono diventata una devota amante dei gatti, con i quali convivo ormai da anni. Ora ho due randagi, salvati da morte sicura, che sono diventate due gattine deliziose e di grande compagnia.
Il gatto è una creatura affascinante per il suo carattere indipendente, il comportamento accattivante, sensibile, affettuoso (contrariamente alle credenze convenzionali), e di grande eleganza nei suoi movimenti.
Occorre, però, rispettarlo e non trattarlo da soprammobile. Non prenderlo in braccio, a forza, sarà lui a richiedere le vostre coccole. Si rischierebbe una reazione violenta, graffi, morsi e un cattivo umore prolungato.
In una parola, oltre che un grande, simpatico amico, il gatto è anche un ottimo antidoto per chi soffre di depressione. Sarà di grande conforto e costituirà anche una distrazione per coloro che sono afflitti da problemi di ansia.
Provate ad adottare un gattino randagio, vi ripagherà ampiamente con il suo affetto e la sua presenza. Sarà lui, quando ne avrà voglia, a saltarvi in grembo o a strusciarsi contro le vostre gambe, domandandovi di accarezzarlo. Non sarete obbligati a portarlo fuori, due volte al giorno, occorrerà solo predisporre una cassettina, con sabbia, da pulire regolarmente ogni giorno, e mettercelo sa subito: imparerà ad usarla senza esitazione e non avrete brutte sorprese in casa.
Vorrei, infine, ricordare a tutti gli amici dei gatti di non tagliare mai le loro unghiette (a volte artigli): sarebbe per loro una mutilazione e ne rimarrebbero segnati. Piuttosto, procuratevi un piccolo tronco d’albero e metteteglielo in bella vista.
Siete d’accordo o pensate che sarebbe solo un problema in più, oltre al timore delle malattie che potrebbe contagiare?
E’ una convinzione senza riscontro: se il gatto è sano e ben curato, non ci sono controindicazioni di sorta, anzi, direi il contrario.
Parliamone, se volete.
Giovanna.3rm 20. 04. 2009
Succede spesso che, dopo una fermata, l’autobus riparte con la porta aperta. In quelle occasioni si può constatare che raramente qualcuno avverte l’autista con il fatidico “la porta! la porta!”. Si parla in questi casi di mancanza di senso civico.
La stessa mancanza di senso civico che si manifesta quando in un parco, in una strada, si vedono cartacce, rifiuti, e ognuno ostenta la medesima noncuranza. Ci si tappa gli occhi per non vedere, le orecchie per non sentire.
Non ci si rende conto che l’adozione di questo modello di comportamento rende praticamente impossibile l’esercizio, il godimento di diritti, che seppur “minori” (il diritto di viaggiare in autobus senza pericoli, il diritto di vivere in un ambiente gradevole), sono tuttavia importanti in quanto permeano la vita di ciascuno rendendola più o meno accettabile.
Per essere chiari, non dovremmo più permetterci di assistere passivi ai problemi di una società affidata semplicemente ai controlli e alle sanzioni di autorità esterne. Non può esserci un poliziotto o un vigile ad ogni angolo. Come non può esserci un operatore ecologico in ogni strada o prato.
Occorrerà che i cittadini, autoorganizzandosi, assumano per sé nuovi impegni, non limitandosi ad imprecare, protestare, o semplicemente chiedere, ma operando in prima persona per esercitare diritti che senza il loro concreto apporto, rimarrebbero privi di significato.
O no?
lorenzo.rm 20 aprile 2009
MIEI CARI NIPOTI
Brindisi, 19 maggio 2009
La recente postazione, da parte di un’amica Eldyana, del lavoro riguardante l’alimentazione degli anziani, intitolato “nonni e nipoti”, mi ha fatto venire in mente quanto ho scritto ai miei nipotini il giorno del recente Natale. Ve lo ripropongo in quanto, investendo la sfera dei rapporti affettivi tra nonni e nipoti, che io noto affievolirsi sempre di più e, temo, si spegneranno molto presto, ritengo utile, da parte degli Eldyani, approfondire con una profonda riflessione, non disgiunta, a mio avviso, da qualche preoccupazione. Eccovi la “lettera”:
Miei cari nipoti,
le belle usanze hanno sempre voluto che il giorno di Natale i bambini facessero trovare al rispettivo genitore e/o al nonno, (quest’ultimo quando c’era), la letterina per Gesù Bambino, con un bilancio delle “cattive” azioni di un anno, la contestuale promessa a comportarsi bene per il futuro e l’invocazione dell’ intervento divino a protezione dei propri cari. Il tutto finalizzato anche, con amabile ingenuità, all’obiettivo di ricevere un dono, ben meritato, per la notte dell’ Epifania, attestando, nel contempo, affetto e gratitudine ai propri familiari. Io personalmente, da figlio, mi sono comportato in tal senso nei confronti di mio padre e dei nonni. Come padre, poi, le ho ricevute dai miei figli fino alla loro adolescenza e, come nonno, da qualcuno dei nipoti, soltanto per qualche anno. Inutile stare a descrivervi la gioia, per tutti, per questo atto, all’apparenza semplice ma in realtà ricco di significati. Se non si è stati padri non si può capirne appieno il valore.
Oggi, il rito delle grandi tavolate di famiglia per il giorno di Natale, tutti riuniti intorno a quello che era considerato “il patriarca” (il nonno paterno) si fa sempre più tenue.
I tempi, ahimè, sono mutati e, tranne qualche raro caso, che conferma la regola, non mi pare esserci più questo bel rito che ci ha accompagnato, di generazione in generazione, per secoli. Forse la cosiddetta “globalizzazione” ha dato il colpo di grazia anche a questa bell’usanza, affossandola. Mi sto accorgendo che non esiste più il ruolo romantico dei figli bambini, così come non esiste più il ruolo determinato del papà che, felicemente, stava al gioco. E non esiste più, ahimè, neanche il ruolo del nonno, la cui personalità, una volta centrale nella famiglia, è stata ormai mortificata e relegata al ruolo di “male necessario”, non più visto come dispensatore di saggezza e buoni consigli per tutti, di guida per l’intera famiglia, bensì di vecchio da sopportare, a volte – lo dico,
questo, quale critica negativa alle condizioni sociali che oggi regolano il Paese -, perché è utile la sua pensione.
Ed allora io oggi, che non accetto il ruolo che altri hanno scelto per me, protesto vivamente e sovverto i ruoli, facendo trovare questo mio scritto sotto il piatto dei nipotini, soltanto uno dei quali ancora in età da letterina che, mi auguro, l’abbia, a sua volta, preparato per il suo papà.
Alla mia età, anzi, alla nostra – parlo anche per la nonna e per tutti i nonni del mondo –, si vive molto di ricordi, di buoni ricordi. E’ un fatto fisiologicamente irreversibile. In occasioni come questa, tornano alla mente i nostri trascorsi di bambini, coi nostri nonni; di bambini poveri ma felici.
Io conservo il ricordo dei miei nonni per quello che mi hanno insegnato. Cosa mi hanno insegnato? Quello che io avrei voluto insegnare ai miei nipotini e che ho tentato, spero riuscendoci, di insegnare ai miei figli con l’esempio ed i comportamenti. Mi hanno insegnato a fare sempre, comunque, dovunque il mio dovere perché il dovere ben svolto forgia il carattere. Non importa se questo dovere non viene riconosciuto o riconosciuto come merita. Le battaglie, diceva Guglielmo d’ Orange, si combattono anche se non si è sicuri di vincerle. Si combattono perché le crediamo giuste e questo basta a giustificare il nostro impegno.
Un altro insegnamento è stato quello di non cercare mai scorciatoie, che spesso portano fuori strada. Le difficoltà che tutti, prima o poi, ci troviamo ad affrontare sono il sale della vita. “Senza le avversità diceva il filosofo Seneca la virtù marcisce”.
Mi hanno insegnato, ancora, a non perdermi d’animo, anche quando tutto intorno a noi sembra compromesso. A puntare sempre al meglio e non abbassare mai la testa e la guardia. Non scendere ad ingannevoli compromessi che, lì per lì, sembrano giovare alla nostra carriera, favorire i nostri disegni, renderci, in apparenza, tutto più facile. Il solo compromesso onorevole è quello che non ci costringe ad abiurare i nostri principi morali. Che, a differenza delle idee e delle opinioni, sono immutabili e perenni.
A voi dico, cari nipoti, che la vita è una cosa seria, maledettamente seria, ma ricordatevi di non prendervi mai sul serio. Siate fieri di essere ciò che siete, purché in pace con la vostra coscienza. Se vi fanno un torto, non porgete l’altra guancia, ma chiedetene spiegazione, dimostrate la bontà dei vostri argomenti o la vostra buona fede. Tutti possono sbagliare, ma nessuno può arrogarsi il diritto di giudicarvi ignorando le vostre ragioni.
Tenetevi alla larga dal gregge e dal branco, che è qualcosa di peggio, e siate orgogliosi di essere diversi dai vostri compagni pecoroni. Ognuno ha la propria identità e personalità che, plasmata e coltivata, resa vigorosa dalla disciplina, dalla dedizione, dalla coerenza, ci rende unici e, con la perseveranza, ci fa emergere.
Abbiate sempre una persona cara a cui confidare le vostre ansie, i vostri problemi: un amico fidato, il papà, la mamma e, qualche volta, perché no, anche il nonno che potrebbe essere il vostro miglior complice o il più saggio degli amici.
Avrei altri consigli da darvi, ma questi possono bastare. Non vorrei passare per un moralista pedante e saccente, oltre che per un anziano romantico e logorroico. D’altra parte, con questi pochi ma importanti principi di etica, il resto, penso, non potrà non essere all’altezza di una vita moralmente sana.
A Te, Gesù Bambino, un grazie di cuore per avermi dato questa opportunità e per avermi concesso di essere presente per tante festività natalizie. Ti sarò più grato se, ancora per altri anni, mi concederai di scrivere la mia brava letterina per il Santo Natale. Grazie anche per avermi concesso di avere una moglie, dei figli e dei nipoti (quasi) meravigliosi, dei quali essere orgoglioso, che abbraccio e benedico con tutto il mio amore.
fgiordano.br 20 aprile 2009
Catullo, poeta maledetto? Catullo, poeta gentile o amante rancoroso? Lesbia, puttana con gli uomini o amica delle donne?
“Vita e amore noi due Lesbia mia
E ogni acida censura di vecchi
Come un soldo bucato gettiamo via.
Il sole che muore rinascerà
Ma questa luce nostra fuggitiva
Una volta abbattuta, dormiremo
Una totale notte senza fine.
Dammi baci cento baci mille baci
E ancora baci cento baci mille baci!
Le miriadi dei nostri baci
Tante saranno che dovremo poi
Con un cuore così
Per non cader nelle malìe
Di un invidioso che sappia troppo
Perderne il conto scordare.”
……
……
“O Celio, la mia Lesbia
Quella Lesbia che ho amato
Più di me e di chiunque,
La trovi agli incroci e nei vicoli:
Masturba tutta la discendenza
Dal grande padre Remo.”
….
“Chi t’avrà generata
Con un cuore così duro e così nero,
Una leonssa di lance libiche,
Una Scilla con le inguini che latrano –
Tu che disprezzi il grido che t’implora
Di uno ridotto alla miseria estrema?
Sei una vera belva”.
……
…….
“Lesbia una volta dicevi
Non avere altro amore che Catullo,
Essere indifferente
Anche chiavare Giove.”
……
“Si goda a lungo i suoi trecento amanti
Che le sue braccia abbraccino tutti insieme
A tutti dissecchi le reni
Per tutti vuota d’amore.”
……..
“Eccola: in posizione ostetrica
Pesci grifagni ti entreranno nel trou
Sforzato e ti andranno su.”
……..
(Da: Catullo – Poesie, Ed. Einaudi – Traduz. Dal Latino di Guido Ceronetti)
Come vedete, ci sono tutti gli elementi per alimentare un interessante scambio d’idee.
I poeti non sono sempre gentili e di buon animo.
Le donne a cui indirizzano i loro versi sono oggetto non sempre d’amore ma di vituperio.
Che ne pensano gli eldyani, vogliamo discuterne?
Giovanna.3rm-deemin 20 aprile 2009
Germaine fu un vero fenomeno per attività, intelligenza e ambizione.
Nata nel 1766, seppe fare propria l’eredità dell’Illuminismo durante la Rivoluzione Francese, che seguiva quella americana e avrà, in seguito, ripercussioni in molte altre nazioni. Ebbe una parte notevole nei principali movimenti politici e letterari che si diffusero in Europa, facendo conoscere in Francia il romanticismo tedesco e quel liberalismo che avrebbe sconvolto i vari paesi, più delle conquiste napoleoniche. Invisa a Napoleone per le sue idee liberali troppo accese e per l’ostilità naturale contro ogni potere, fu costretta all’esilio in Svizzera.
Il suo salotto parigino era frequentato dai maggiori filosofi e letterati del suo tempo.
I suoi paradossi, le sue frasi lapidarie, le prese di posizione appassionate e nello stesso tempo le angosce di un cuore troppo sensibile e spesso ferito, le confidenze di una donna vittima della propria superiorità, trovano una sintesi precisa in questa sua auto-definizione:”Sono una persona con la quale e senza la quale non si può vivere…”.
Fu anche un’antesignana del femminismo, per il suo spirito di indipendenza e l’arditezza del pensiero, straordinariamente moderno.
In questa donna eccezionale, che si definisce “viva e triste”, appare molto presto l’inquietudine di essere al mondo, l’angoscia di sapere che la vita è un sogno e che la morte è la sola realtà. Queste sue considerazioni si ritroveranno in tutta la sua produzione letteraria.
Dopo un suo soggiorno in Italia, scrisse “Corinne ou l’Italie”, che narra le peripezie sentimentali della bella poetessa Corinne, innamorata di un nobile inglese, e una descrizione incantata dell’Italia, delle sue glorie artistiche e dei suoi costumi.
Rientrò a Parigi, dopo la caduta di Napoleone, e morì nel 1817.
Se siete interessati, vi suggerisco una bella biografia di Ghislain de Diesbach, ed. Mursia: scoprirete un libro affascinante.
Che ne pensate di questa femminista ante litteram? Lo si può ben dire! La dama in questione la sapeva lunga e nei suoi rapporti intimi era spudoratamente sé stessa: peccato che i suoi partner fossero troppo convenzionali per poterla capire.
Giovanna.3 rm – deemin 18 aprile 2009
Non sembra che la società degli umani sia molto attenta ai bisogni, o più propriamente “diritti” degli animali.
Non è facile. Occorrerebbe prendere atto della circostanza che il mondo è di tutti gli esseri viventi, umani, animali, piante.
Propongo alcune semplici domande, ai cittadini e alle istituzioni.
1. Come mai non ci si rende conto che i “randagi”, cani e gatti in particolare, sono stati abbandonati da qualcuno?
2. Come mai si perseguono solo interventi diretti a “rinchiudere” gli animali, abbandonati e quindi “divenuti” di strada, in strutture, i canili, in cui vivono male e non sopravvivono a lungo; strutture peraltro destinatarie di ingenti risorse pubbliche?
3. Come mai, mentre gli umani sono indotti a ridurre le nascite, gli animali, che non possono provvedere da sé, sono lasciati moltiplicarsi senza ricorrere a sterilizzazioni di massa cui sono impossibilitate le ASL veterinarie?
4. Come mai non sono promosse massicce campagne per l’adozione di cani e gatti abbandonati coinvolgendo non solo le singole famiglie ma anche le comunità (istituti, parrocchie, carceri, comitati di quartiere, ecc.) e svuotando in tal modo i canili-lager?
Vogliamo parlarne serenamente?
Lorenzo.rm 19 aprile 2009